mercoledì 3 giugno 2020
Il rapporto Meter: 10 milioni di foto e video con piccoli abusati e torturati scoperti dall'Associazione fondata da don Fortunato Di Noto: "Dilaga l'infantofilia"
A lavoro nell'Associazione Meter per stanare i pedofili on line

A lavoro nell'Associazione Meter per stanare i pedofili on line - Pino Ciociola

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Ormai è molto più che inquietante il numero dei bimbi abusati ritratti in foto e video: “Malgrado tutto, la pedopornografia online continua a prosperare indisturbata, con profitti in costante crescita”, spiega don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter e che ha appena presentato il suo “Report 2019”. Cioè “il bilancio di un crimine mondiale che impone di essere letto, approfondito, assimilato, compreso e non sottaciuto”. Senza dimenticare che sono numeri, eppure “non freddi e senza vita”, ma rappresentano “minori schiavizzati, torturati e resi oggetti erotici e sessuali”. Bisognerebbe prendere sul serio le denunce e agire con fermezza”.

A milioni. E i numeri fanno davvero rabbrividire: quasi 7 milioni e 100mila le foto segnalate l’anno scorso, il doppio rispetto al 2018 (poco più di 3 milioni) e appena diminuiti i video (992mila nel 2019, un milione e 238mila nel 2018). Le chat scoperte (323) sono aumentate (234 nel 2018).

Infantofilia. “Se guardiamo ai link monitorati e denunciato nel 2019, il trend delle vittime più richieste dai pedofili riguarda là fascia d’età da otto a dodici anni (5.742.734 fotografie rilevate), poi da tre a sette anni (1.321.969) e infine da zero a due anni (7.646)”. Naturalmente - spiega ancora don Di Noto - “quando parliamo della fascia da zero a due anni parliamo di bambini che hanno pochi giorni o mesi di vita, è il fenomeno dell’infantofilia che Meter denuncia da molto tempo”. Stessa pessima storia per i video: 715.926 segnalati nella fascia da otto a dodici anni, 272.363 da tre a sette e 4.006 da zero a due anni.

Sempre di più. Grazie all’Osservatorio mondiale contro la pedofilia (Osmocop) dell’Associazione Meter, ufficio altamente specializzato nella ricerca dati su Internet e nell’elaborazione dei flussi di traffico per il contrasto alla pedofilia e pedopornografia, è venuto fuori come “dal 2008 in poi i social network hanno aumentato lo spazio a disposizione dei pedofili e contiamo 8.397 segnalazioni in 17 anni per comunità e social”.

La giungla nascosta. I link nel Deep web (la parte nascosta della Rete) denunciati da Meter nel 2019 sono 252, ma dal 2012 a oggi le denunce riguardanti il Deep web fatte da Meter alle Polizie di mezzo mondo sono 47.421: “Una cifra impressionante e in aumento perché, molto semplicemente, permette libertà di movimento” e impunità che la Rete per così dire in chiaro non offre. “È una giungla nella quale si opera e agisce nella massima libertà al punto che anche per le forze dell’ordine non è facile intervenire e operare. Le associazioni a delinquere di tutto il mondo espandono i loro traffici proprio sul Deep web, una free zone incontrollabile”. I cyberpedofili giocano poi sulla velocità, un esempio? “I link a tempo: la collezione di foto o video con gli abusi si trova su un determinato indirizzo che resta attivo solo ventiquattr’ore. Troppo poco perché si possa intervenire”, spiega amaramente l’Associazione.

Le chat. Forse sono queste il pericolo più immediato: “I rischi di molestia e di adescamento” sono facilmente comprensibili, perché “sebbene vi sia la distanza fisica tra i due interlocutori”, nelle chat per gli orchi “è possibile eliminare le differenze di età o culturali che normalmente pongono limiti”. Così proprio le chat diventano spesso “strumento utile ai pedofili nella fase di contatto iniziale con i minori, permettendo loro, senza esporsi, di attuare forme “soft” di molestia di tipo verbale o primi approcci per favorire poi un incontro reale con il bambino”.

Dove sono i domini. Ai primi tre posti della classifica dei domini (le “targhe” dei siti internet) vede al primo posto Haiti con 640 link, seguita dalla Francia con 484 link e dalla Nuova Zelanda con 440 link. Ma “il fenomeno è su scala mondiale, nessun continente risulta immune, trenta sono le nazioni coinvolte”, annota l’Associazione. E “molto spesso dai link analizzati risulta che l’estensione contiene servizi forniti da server allocati in altre parti del mondo, di solito America o Europa”.

I colossi del web. “Ci sono specifiche responsabilità che i colossi del web non possono eludere appellandosi a un’estrema tutela della privacy”, incalza don Di Noto: “I registri di domini e gli amministratori dei siti, delle piattaforme di file sharing hanno la responsabilità di vigilare sul materiale che circola sotto il loro nome”.

Troppo silenzio, poca repressione. Il sacerdote che da trent’anni combatte la pedofilia è amareggiato e molto preoccupato. “Aspettiamo che quanti hanno responsabilità di vigilanza e di giustizia si attivino affinché non rimanga il silenzio su ciò che accade giornalmente sul web e non solo - dice, con un vero e proprio appello -. E la stessa sensibilità ci aspettiamo dai comuni cittadini, perché i piccoli sono il futuro di tutti”. Perciò “sarebbe auspicabile creare una rete di collaborazioni internazionali per porre almeno un freno allo scambio di materiale pedopornografico”. La pedopornografia online “è una piaga enorme e sanguinante di innocenti vite, ma non possiamo accettare che non si faccia nulla o poco per arginare questo fenomeno”.

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