martedì 9 novembre 2021
Famiglie con figli, disoccupati e precari sono diventati i soggetti più a rischio, monitorati dai centri d’ascolto. Il vescovo Zedda: emergono profili di miseria inattesi
La Sardegna fa i conti con una povertà sconosciuta

Caritas

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In Sardegna ci sono circa 100mila famiglie che non possono permettersi una spesa mensile superiore a 1.000 euro. È uno degli effetti socio-economici del Covid, che ha portato l’anno scorso 10.125 persone a bussare alle porte delle 10 Caritas sarde: il 47% in più rispetto al 2019. Soprattutto donne. Più della metà non aveva mai chiesto aiuto ai centri d’ascolto. Una situazione certificata dal report Caritas Sardegna su povertà ed esclusione sociale, che misura ogni anno le dimensioni della fragilità sociale, presentato ieri dal vescovo di Iglesias Giovanni Paolo Zedda, dal direttore regionale Caritas, Raffaele Callia, e da don Marco Lai responsabile della Caritas della diocesi cagliaritana.

Nel corso del 2020 i Centri di ascolto presenti nei 35 Comuni coinvolti nell’indagine hanno intercettato, una o più volte, oltre 10mila persone (3.249 in più rispetto al 2019) portatrici, a volte, di diversi disagi a livello personale e familiare. «Tale aumento – spiega Raffaele Callia, curatore del rapporto – è conforme alla crescita dell’incidenza della povertà relativa registrata in Sardegna nel 2020 ed è associato al peggioramento delle condizioni di vita delle famiglie sarde a causa degli effetti economici della pandemia». I soggetti più colpiti? Sono in particolare i nuclei familiari sprovvisti di tutele e di reti di protezione sociale, «con persona di riferimento occupata in modo irregolare e/o precario, fra cui diversi cittadini stranieri».

Le persone che si sono rivolte ai Centri di ascolto per la prima volta nel 2020 coprono il 51,5% del totale. In maggioranza si tratta di cittadini italiani (71,5%). «Lo scenario straordinario e inatteso della pandemia ha fatto emergere nuovi profili di povertà. La Caritas, cioè l’espressione pastorale della Chiesa – dice monsignor Giovanni Paolo Zedda, vescovo di Iglesias – incontra questo mondo sofferente, segno della presenza di Dio nella realtà quotidiana. E cerca di farlo, coinvolgendo tutti i cristiani in un cammino sinodale».

Le persone che si sono rivolte ai centri di ascolto nel 2020 sono prevalentemente di sesso femminile, negli anni scorsi in maggioranza uomini. Soprattutto donne sposate – il 67,88% vive con marito e figli – si fanno portavoce del disagio familiare. Nel 2020 si è chiesto aiuto alla Caritas soprattutto per problemi di natura economica e di occupazione: il 67,6% delle richieste, in notevole crescita rispetto al 53,8% del 2019. Più di tutto per beni e/o servizi materiali (81,9%). Rispetto a un anno prima aumentate anche le domande per sussidi economici, passate dal 10,2% del 2019 al 12,0% del 2020.

L’avvento della pandemia – che ha accentuato le fragilità del sistema educativo e formativo – ha di fatto costretto la rete dei servizi caritativi a rimodulare la propria operatività, anche per quanto attiene la fornitura dei beni primari. Nel 2020 la micro-voce più frequente non è il "pronto soccorso" della mensa Caritas, ma la "distribuzione di pacchi viveri", che da sola copre il 40,4% di tutti gli interventi erogati nel corso dell’anno. Se si sommano le voci "viveri a domicilio", "distribuzione di pacchi viveri", "empori/market solidali", "alimenti e prodotti per neonati", "mensa", "buoni pasto/ticket" (tutte afferenti a beni e servizi di prima necessità), si raggiunge il 77,2% del totale degli interventi erogati nel 2020.

Fra le cause del disagio, c’è soprattutto la mancanza o la precarietà del lavoro, fenomeno frequente in un’isola che da decenni lotta contro il fantasma della disoccupazione. I due terzi delle persone che hanno bussato agli sportelli della Caritas erano disoccupati, con un’età media intorno ai 44 anni. Il 5,7% del totale, inoltre, in gran parte maschi (82,2%) di cui il 54,2% stranieri non ha un domicilio stabile.

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