venerdì 8 aprile 2016
​Grasso apre il caso sulla liberatoria per la tv:  Riina firma solo alla fine, un riguardo per lui.
Rai, processo in Antimafia. Ma niente sentenze in vista
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Una sorta di processo in contumacia, forse nella sede sbagliata. Vertici Rai convocati in commissione Antimafia, mentre il malumore diffuso nella commissione di Vigilanza Rai e nel Cda di Viale Mazzini resta senza effetti. Si chiude così senza vere novità il day after di Bruno Vespa, nella bufera per l’intervista choc andata in onda l’altra sera a Salvo Riina, il figlio del boss dei boss. La presidente Monica Maggioni e il dg Antonio Campo dall’Orto ascoltano la lunga 'requisitoria' della presidente dell’Antimafia Rosy Bindi, che condanna non l’intervista in sé quanto le «reticenze omertose» non adeguatamente contrastate e il «processo all’Antimafia che è scaturito dopo». Diventa un caso anche la 'liberatoria' che Riina jr ha firmato solo a fine intervista. Il caso era stato sollevato dal presidente del Senato Pietro Grasso: «A me la fanno firmare sempre prima - aveva notato Grasso - mentre lui, a quanto mi dicono ha firmato solo dopo aver visto il filmato». «Ha condotto lui il gioco, fino alla fine», lamenta Bindi. Dai vertici Rai nessuna replica piccata, anzi sottoscrivono entrambi la lunga requisitoria. L’ok - spiega Dall’Orto - è arrivato dal direttore editoriale Carlo Verdelli, «e a quel punto un nostro intervento poteva suonare come censura», sostiene la presidente Maggioni. «Questa è una fase di transizione - si giustifica il dg -, dal primo settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori sui contenuti giornalistici ovunque essi siano. Da quel momento si dovrà decidere insieme». Una risposta che non piace ai sindacati dei giornalisti: «La chiusura della vicenda Porta a Porta non può consistere nell’invenzione della figura di un supervisore a priori dei contenuti giornalistici, in chiara violazione della legge e del contratto collettivo» affermano in una nota Fnsi e Usigrai.  Duri, nell’Antimafia, gli interventi dell’ex dem Corradino Mineo, che chiede di sentire - a questo punto - il direttore editoriale Verdelli; di Claudio Fava dei Sel che - da giornalista e figlio di una vittima della mafia - dice che l’intervista l’avrebbe fatta anche lui, ma mettendo in conto che le domande scomode avrebbero potuto farla saltare. Mentre la senatrice Lucrezia Ricchiuti, del Pd, arriva a definire Vespa «portavoce della mafia». Affermazione «inaccettabile per la presidente Maggioni, che respinge accuse di «negazionismo », ma per il resto usa toni molto rispettosi per tutti. A difendere Vespa restano però solo Ncd e Forza Italia. Maurizio Lupi se la prende con chi vorrebbe «giornalisti dimezzati» mentre Stefania Prestigiacomo giudica «strumentale» la stessa convocazione dei vertici Rai perché, dice «i politici non scrivono i palinsesti Rai». Bindi alla fine si dice «rassicurata» evitando di entrare su questioni che competono alla Vigilanza. Colpisce però la virulenza degli attacchi al conduttore di Porta a Porta che arrivano da esponenti di punta del Pd. «Quell’intervista non l’ho vista, non ho voluto vederla», dice un uomo vicinissimo a Renzi come il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti. Mentre il segretario dem della Vigilanza Michele Anzaldi chiede un approfondimento sulla denuncia di Grasso circa la liberatoria, e denuncia che la commissione è «bloccata». Nel mirino finisce il presidente Roberto Fico, di M5S, che definisce «vergognosa» l’intervista ma passa la palla ai vertici Rai per le decisioni da prendere. Mentre l’unica iniziativa assunta dalla Vigilanza è la convocazione per chiarimenti del direttore di Raiuno Andrea Fabiano, per il 13 aprile. Quando, è prevedibile, il caso di sarà già sgonfiato.
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