sabato 17 marzo 2012
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Rafforzare i poteri del direttore generale della Rai tanto da farlo somigliare ad un "commissario risanatore" in grado di rimettere a posto i conti della tv pubblica. È l’ipotesi - a quanto riferivano ieri sera fonti parlamentari e di governo - che il premier Mario Monti avrebbe posto sul tavolo del vertice di giovedì sera con la maggioranza.E se l’intento era quello di rassicurare i partiti, che su questo dossier hanno posizioni antitetiche, con il Pdl non funziona. Apre il fuoco Fabrizio Cicchitto, che in un eventuale commissariamento vede il preludio «a un’operazione di totale normalizzazione interna dell’azienda», togliendo le «poche voci» non di sinistra. Rincara la dose Maurizio Gasparri - autore della legge che attualmente regola il sistema radiotelevisivo -  per il quale la notizia è infondata perché « in contrasto con le sentenze e i principi della Corte Costituzionale, come ben sanno Monti e i membri del governo». Tanto che fonti dell’esecutivo si affrettano a dire che di «ipotesi limite» si tratta.La mediazione sulla figura del dg - una personalità forte, di spessore che di fatto prenda in mano le redini dell’azienda per risollevarla - sarebbe stata la carta giocata da Monti, visto lo stallo tra i partiti sulla questione, la cui discussione è stata rinviata a un prossimo summit. Proposta, viene spiegato, su cui il premier ha chiesto ai partiti di riflettere. Ma, spiegano fonti di via dell’Umiltà e del Nazareno, difficilmente il nuovo vertice si terrà a breve: in fondo, viene fatto osservare, a entrambi i "contendenti" conviene allungare i tempi del redde rationem. E anche al governo non dispiace rimandare una questione che rischia di portare il Pd su posizioni estreme, mentre il Pdl è pronto alle barricate se si dovesse mettere mano alla legge Gasparri. Del resto, insistono le stesse fonti, bisogna approvare il bilancio Rai, poi il viaggio in Cina impegnerà Monti per una decina di giorni.Bersani, però, insiste sulla riforma della Gasparri, altrimenti qualunque «persona autorevole con quella <+corsivo>governance<+tondo> è destinata a perdere autorevolezza». E poi concede che «si faccia un breve commissariamento, ma si cambi passo. Se non è così, noi non partecipiamo». Il Pdl però - che nel Cda di viale Mazzini è al momento in maggioranza - non ne vuole sentir parlare: se rinnovo dei vertici deve essere (Berlusconi vorrebbe la conferma del dg Lorenza Lei e la proroga di tutti gli attuali incarichi) allora si può procedere solo con l’attuale normativa. «Siamo dell’idea che i partiti devono fare sulla Rai un passo indietro. Non devono immaginare di potere fare una riforma solo per mettere le mani sulla Rai», chiarisce Alfano.Il Professore, comunque, non ha nascosto ai tre leader l’intenzione di non fare dietrofront rispetto a quanto annunciato pubblicamente: la legge Gasparri va modificata, per snellire l’azienda, eliminare l’impasse che la immobilizza e riconferirle così la competitività necessaria. Ma su questo punto c’è stato l’irrigidimento di Alfano, mentre Bersani ha insistito su un intervento radicale. Casini è più prudente, ritiene - viene spiegato - che sia inutile andare allo scontro. E chiede di affrontare il nodo dopo le amministrative, «quando ci sarà la serenità necessaria per farlo».Intanto, iniziano a circolare i nomi dei possibili candidati e arriva già il primo «no, grazie». Piero Angela, dato in pole position quale successore di Paolo Garimberti alla presidenza, si sfila. Tra le personalità accreditate alla carica di dg, figurano i nomi di Rocco Sabelli, Francesco Caio, Claudio Cappon, Enrico Bondi e l’attuale direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibac, Mario Resca.
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