venerdì 31 agosto 2018
Un metodo innovativo per monitorare le frane ma anche i cedimenti delle fondazioni degli edifici. Proposto a livello nazionale (inutilmente) nel 2015, per ora è attivo solo in Toscana.
Radar e satelliti: come funziona il sistema che avvisa dei crolli
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Non avrebbe anticipato il crollo del ponte Morandi, ma potrebbe scongiurare in futuro altre tragedie, prevedendo il collasso delle strutture legato ai movimenti del suolo. Ed era già stato proposto a livello nazionale (inutilmente) nel 2015. È un sofisticato sistema satellitare per controllare dallo spazio i mutamenti del territorio, ma anche eventuali spostamenti delle strutture, come case e strade. Non è magia, esiste già ed è attivo in Toscana (costo: 300.000 euro all’anno), frutto di un progetto di collaborazione fra Università di Firenze, Regione, dipartimento della Protezione civile e consorzio Lamma. Permette un monitoraggio costante delle deformazioni del terreno sull’intera regione, utilizzando i satelliti radar dell’Agenzia Spaziale Europea. L’ha progettato un docente italiano di Geologia applicata, Nicola Casagli, professore ordinario dell’università degli studi di Firenze: «Elaborando in maniera opportuna le immagini di tali satelliti è possibile misurare con precisione millimetrica lo spostamento di manu-fatti al suolo, senza alcun bisogno di installare dispositivi riflettori. Sono gli stessi manufatti, così come gli affioramenti di roccia, a fungere da riflettori o – meglio – diffusori del segnale, in quanto hanno una risposta stabile alle microonde (le onde emesse dal radar). In tutto, sulla Toscana, ci sono circa 2 milioni di questi diffusori permanenti in corrispondenza di edifici, strutture, infrastrutture, rocce esposte e zone poco vegetate. Questi punti possono essere monitorati con frequenza variabile fra 6 e 12 giorni, per individuare precocemente eventuali anomalie». La tecnica dell’interferometria radar ha avuto moltissime applicazioni negli ultimi 20 anni, soprattutto in campo geologico. Nel progetto della Toscana, la tec- nica è per la prima volta utilizzata per un servizio di monitoraggio continuo. E in un Paese in perenne dissesto idrogeologico, potrebbe essere importante ampliare il controllo a tutta Italia. Nel 2015 il sistema era già stato proposto al dipartimento della Protezione Civile nazionale e la spesa sarebbe di circa tre milioni di euro: «I costi – spiega Casagli – riguardano soprattutto l’elaborazione delle immagini e la successiva interpretazione, che devono essere effettuate da tecnici di alto profilo tecnico- scientifico. Un sistema del genere potrebbe creare posti di lavoro di alta qualificazione per alcune centinaia di giovani in tutta Italia. Per un sistema ottimizzato sulle infrastrutture (con satelliti ad alta risoluzione), i numeri citati dovrebbero essere moltiplicati per un fattore 10». Il sistema è concepito per monitorare le deformazioni del terreno e per la tragedia di Genova (dovuta forse a un cedimento della struttura) non sarebbe stato utile. Potrebbe, però, evitare altre catastrofi, rilevando strutture deformate da lenti movimenti del suolo, come frane o cedimenti delle fondazioni. E il sistema potrebbe essere perfezionato, per un controllo ancora migliore. «Per le infrastrutture potrebbe essere organizzato un sistema di monitoraggio analogo con satelliti a risoluzione più alta, anche se con tempo di rivisitazione più lungo, come la costellazione Cosmo-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana. Per le infrastrutture sono inoltre indispensabili sensori installati in situ con trasmissione in continuo del dato, per osservarne il comportamento dinamico. Penso a reti di sensori wireless o a fibre ottiche. La tecnologia oggi permette applicazioni impensabili fino a pochi anni fa». E a chi affidare la gestione? «La regia – conclude il professore – deve essere istituzionale. Un sistema di monitoraggio del territorio simile a quello toscano deve essere gestito dalle Regioni, magari con un coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile nazionale. Un sistema di monitoraggio ottimizzato per le infrastrutture dovrebbe essere gestito dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e dalle Regioni, per le rispettive competenze, magari in stretta connessione con l’Agenzia Spaziale Italiana».

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