martedì 24 agosto 2010
Promesso in campagna elettorale da Berlusconi, e poi finito nel cassetto a causa della crisi economica, diventa una moneta di scambio nelle mani del premier per convincere i centristi ad appoggiare il governo.
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Promesso in campagna elettorale da Silvio Berlusconi e poi finito in un cassetto a causa della crisi economica il quoziente familiare, vale a dire la rivoluzione della tassazione con il passaggio dall'imposta che "pesa" sull'individuo a quella che "pesa" sul nucleo familiare, torna al centro della scena politica e diventa una potenziale moneta di scambio nelle mani del premier per convincere i centristi a offrire il proprio sostegno al governo.L'Udc di Pier Ferdinando Casini va infatti da tempo sponsorizzando l'introduzione del nuovo regime anche in Italia. E a guardare le proposte che giacciono in Parlamento è in buona compagnia. Solo alla Camera ci sono sei diversi testi (tre a firma Pdl, due a firma di esponenti del Pd e uno dell'Udc) che proprio a fine luglio hanno iniziato l'iter in commissione Finanze e ora attendono la ripresa dei lavori di Montecitorio per entrare nel vivo dell'esame. Il quoziente familiare prevede che il totale dei redditi dei membri della famiglia venga diviso per la somma di tutti i componenti e sulla base di tale quoziente viene determinata l'aliquota da applicare al reddito familiare. In realtà si tratta di una "rivoluzione" molto discussa dal momento che ha il rischio o il vantaggio, a seconda dei punti di vista, di privilegiare non solo le famiglie ma anche i nuclei monoreddito.Il vero nodo come sempre è però quello delle coperture finanziare: stando a alcuni calcoli approssimativi i costi oscillerebbero tra i 3 e i 9 miliardi (cifra quest'ultima alla quale si potrebbe arrivare inserendo una clausola di salvaguardia per i redditi più bassi). Facile quindi capire le ragioni che hanno suggerito al ministro dell'Economia Giulio Tremonti di scegliere la prudenza, facendo così slittare la realizzazione del progetto. L'idea di importare il sistema della tassazione alla francese resta comunque un pallino del premier tanto che nel documento programmatico messo a punto nell'ultimo vertice del Pdl dopo la crisi con i finiani è stato inserito fra i cinque punti sui quali si giocherà la tenuta dell'Esecutivo alla ripresa dei lavori parlamentari. Ma se su altri capitoli, tra cui la giustizia, la tensione resta alta su questa sfida si dovrebbe invece registrare sintonia tra il Pdl e il Futuro e Libertà dal momento che anche Gianfranco Fini ha pubblicamente sostenuto la necessità di un cambiamento in questa direzione.
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