domenica 28 maggio 2017
Ad accomunarli è una caduta. Uno scivolone nel tunnel della droga o del gioco d’azzardo, un crollo emotivo dopo una delusione o una vita senza contenuti pur nel suo luccichio all’apice ...
La Cittadella Cielo di Frosinone nel giorno dell’inaugurazione

La Cittadella Cielo di Frosinone nel giorno dell’inaugurazione

COMMENTA E CONDIVIDI

Ad accomunarli è una caduta. Uno scivolone nel tunnel della droga o del gioco d’azzardo, un crollo emotivo dopo una delusione o una vita senza contenuti pur nel suo luccichio all’apice di una carriera. Così come sono tutti legati a una mano tesa che, ad un certo punto, gli è stata porta per rialzarsi. Nessuno dei ragazzi che s’incontrano nella Cittadella Cielo di Nuovi Orizzonti a Frosinone – la sede centrale della comunità fondata nel 1993 da Chiara Amirante – si sente speciale per aver rimesso il suo convoglio sui binari della vita, né tanto meno un esempio.

Qui, dove da anni si curano le ferite dell’anima e s’insegna ai giovani che hanno perso la bussola a rimettere insieme i cocci della propria esistenza, s’incontrano tanti volti rifioriti. Come quello di Giulia F., 36 anni, arrivata a Frosinone otto anni fa dopo la morte del padre. «Avevo una carriera spianata, tra Verona e Dubai, nel mondo del marketing – si sistema i lunghi capelli neri – ero assuefatta a desideri tossici e circondata da persone sbagliate». Dopo aver «sperimentato l’inferno senza Dio», essersi «sentita vuota e svestita», Giulia ha sperimentato «il valore aggiunto del sentirsi amata» attraverso un percorso di riscoperta dalla propria dignità. Non è difficile capire che tra poco si sposerà, visto che sulla porta della sua stanza c’è scritto a chiare lettere. Al suo fianco quel giorno ci sarà Luca C., 36 anni, che ha conosciuto proprio nella Cittadella Cielo dove vivono stabilmente una quarantina di persone e sei famiglie.

Riassumere il suo passato «burrascoso » di tossicodipendente sin dall’adolescenza non è semplice. Davanti ad un caffè nel bar della comunità le mani e gli occhi parlano al suo posto. Gli schizzi di vernice tra le dita raccontano, infatti, della casetta in affitto che sta ridipingendo per poterci andare a vivere dopo le nozze con Giulia. E lo sguardo che spesso evita d’incontrarne altri, dice tutto l’imbarazzo delle molte ricadute tra le braccia dell’eroina per «far scomparire ogni problema» e «non sentire più dolore», degli anni nella comunità di recupero a Pistoia di Nuovi Orizzonti.

«Finché non tocchi il fondo non fai il passo di guardarti dentro – ammette – e di aprire il cuore». l suo «ciak con Dio», come lo chiama Luca, lo ha avuto due anni fa dopo aver rischiato di morire di overdose. «Mi ha salvato l’amore dei responsabili della comunità – il grazie a chi ha creduto il lui più di quanto lui credesse in se stesso – e nonostante tutte le mie debolezze siano venute a galla, oggi mi sento più forte ». Sa, insomma, dove può arrivare da solo e «quando invece debbo chiedere aiuto». L’icona di Gesù che scende agli inferi campeggia nella piccola cappella del primo piano.

È l’immagine più calzante per descrivere ciò che si cerca di fare ogni giorno. Cioè «scendere negli inferi di tutti, può essere il tossicodipendente, il malato di internet, il manager, l’uomo di spettacolo». Don Davide Banzato, assistente spirituale di Nuovi Orizzonti, mentre fa da cicerone nel laboratorio artistico, in falegnameria e nel centro di formazione spirituale Casa Emmanuel, ricorda l’esperienza «Luce nella notte, l’evangelizzazione di strada» nei luoghi più disparati, «dalla spiaggia di Riccione a Ponte Milvio a Roma». Proprio dove «i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati – continua – e dove ti fanno le domande più profonde: dal perdono alla morte».

In una spiaggia della Romagna Valentina C., 31 anni, ha capito che aveva bisogno di scavarsi dentro per rinascere. «Ho sempre avuto una doppia vita, usavo le persone per prendere la mia dose d’affetto e poi le buttavo via – il suo racconto di un’adolescenza complicata da una famiglia difficile – vivevo per ore in chat». Una vita «non autentica» la sua, anche se con un dottora- to in biotecnologie all’estero già in tasca. Fino a quando l’esperienza di volontariato nel 2009 «è stata il varco con cui Gesù è entrato nel mio cuore ». Oggi porta nelle scuole e in riva al mare la sua storia, incontrando tanti ragazzi «con lo stesso grido soffocato come il mio».

Un Sos che Gennaro C., 33 anni, ci ha messo un po’ a lanciare, affascinato dalla «bella vita» che spacciare ti consente di fare sin dal liceo e «dall’attenzione opportunistica delle persone, considerazione che in casa non avevo avuto». Poi il carcere a Poggioreale, una parentesi in Svizzera per sfuggire alla giustizia fino alla «decisione obbligata» di entrare in comunità di recupero. «Non mi consideravo tossico – la puntualizzazione – la mia famiglia però non mi voleva più e mi sentivo perso». Poi c’è Medjugorje, dove è rimasto quattro anni alla Cittadella Cielo di Nuovi Orizzonti; «alla scuola di Maria – dice Gennaro – sono riuscito a rimettere insieme i fili di nylon della mia vita». E da lì è arrivato anche l’amore per Angela, oggi sua moglie, che gli sta per dare il secondo figlio. Una tela non facile da ritessere, «ma ne è valsa la pena».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: