giovedì 18 ottobre 2012
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Si dice che le parole non costano nulla. Non sempre è vero, ma stavolta sì. Di parole impegnate, belle, persino altisonanti ce ne sono state in abbondanza nelle lunghe settimane che abbiamo alle spalle e che finalmente, in questo complicato 2012 italiano, hanno visto diventare "fatto politico" la vergogna del continuo dilagare del gioco d’azzardo tra stolide liberalizzazioni (!), inconcepibili disattenzioni e inspiegabili (e forse, quanto a motivazioni, inconfessabili) protezioni burocratiche, ministeriali e parlamentari. Uno scandalo al sole che le Fondazioni antiusura e tante altre forze vive della società civile affrontano con allarme crescente e che la Chiesa italiana, per bocca del presidente della Cei, ha ripetutamente denunciato. Una vergognosa e vessatoria "tassa sui poveri" incassata nel modo più subdolo, illusorio e spesso devastante per persone e famiglie. Avvenire non si stanca e non si stancherà di scandirlo anche in faccia a chi non vuol sentire.Ieri, con tronfio orgoglio, gente del settore sbandierava i «500 miliardi di dollari di ricavi» del «comparto che non conosce crisi». Beh, facile se – come sta succedendo in Italia – ogni tentativo di regolazione e limitazione del potere dei signori di Azzardopoli finisce per essere vanificato.Nel decreto Sanità sono spariti di nuovo i soldi previsti per la lotta alle ludopatie (che almeno vengono formalmente riconosciute...) e non c’è più neanche quel "limite della decenza" che doveva mantenere ad almeno 500 metri da ogni luogo educativo slot machine e altri aggeggi mangiasoldi. Sostengono, ancora una volta, che siano saltati per "questioni tecniche" e di "copertura finanziaria". L’unica questione che vediamo è morale. La sistematica, puntuale, inesorabile e persino proterva difesa del perimetro in continua crescita di Azzardopoli per le vie delle nostre città e nel mondo digitale è una questione morale. E al suo interno c’è quella dello spazio che si ricava lo Stato biscazziere. Già, una questione morale. Sempre più chiara e intollerabile.
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