giovedì 19 febbraio 2015
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Lo sfogatoio irresponsabile della miseria, della meschinità e dell’ignoranza umane ha colpito ancora. Ma la colpa non è dei social network, che anzi andrebbero quasi ringraziati per il fatto che, con l’illusione del 'tanto ce lo diciamo tra noi', smascherano l’odio che alberga nei cuori di alcuni o il nulla che riempie le teste di troppi. Solo chi è gonfio d’odio o pieno di niente, infatti, può esultare per la morte di un uomo. Di un uomo suicida. Di un uomo in carcere. Significa gioire per una sconfitta addirittura doppia: quella dell’umanità e quella della giustizia. Se poi, come sembra, la barbarie è stata firmata anche da persone che per lavoro dovrebbero sorvegliare e custodire le vite di chi è privato della libertà, è doveroso che la riprovazione si tramuti in rapida sanzione. Per evidenti motivi di legalità e di sicurezza. Nessuno di noi può dirsi al sicuro se chi ci rappresenta indossando un’uniforme non sa che la dignità di una persona non dipende dagli errori che ha commesso e che nessuno è straniero davanti alla morte.
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