giovedì 15 ottobre 2015
L’ex ministro accusa: troppo vicini a Renzi. Alfano gelido: «Non trattengo nessuno»
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Angelino Alfano e Gaetano Quagliariello a un passo dalla rottura. «Le differenze sul piano dell’analisi e della linea politica che sono emerse recentemente mi impediscono di continuare a ricoprire la funzione di coordinatore di Ncd», scrive Quagliariello al suo leader. Ma nel giro di poche ore quella che era partita come una serrata richiesta di chiarimento è diventata la premessa di una rottura forse inevitabile, alla luce della sprezzante replica del segretario alla sfida del coordinatore dimissionario. Le premesse, in mattinata erano contenute in una nota dell’Occidentale, la rivista vicina all’ormai ex coordinatore del Ncd. Si parlava di «esperienza che si chiude» con il governo Renzi, per conseguimento dello scopo, ossia l’uscita dall’Italia dall’emergenza e l’approvazione della riforma costituzionale. Con la conseguenza di poter tornare ora ognuno nel suo alveo naturale. Poi, nel pomeriggio, trapelava la notizia della lettera di dimissioni, ma la mossa veniva spiegata come conseguente alla volontà di dare battaglia nel partito, con le mani libere dall’incarico. L’accusa ad Alfano era quella di aver accettato senza grandi reazioni vere e proprie umiliazioni dal Pd e da Renzi, su temi come le riforme, la legge elettorale e - ora - le unioni civili. Scelte che farebbero venir meno, secondo Quagliariello, i vincoli e gli obblighi dell’alleanza. Ma ecco le parole di Alfano a segnare la brusca accelerazione e forse la rottura. «Non ho forzato nessuno a entrare nel Ncd, non trattengo con forza nessuno», avverte il ministro dell’Interno. In questo momento - aggiunge Alfano nel corso di una conferenza stampa alla Camera - non trovo nessuna ragione al mondo per tornare indietro. Tutti noi abbiamo fatto una scelta, ed è stata una scelta dolorosa, giusta e che si sta rivelando corretta, come vediamo dai risultati che stanno ottenendo l’Italia e il nostro movimento politico. Per me è una scelta definitiva, ciascuno è libero di fare quello che vuole, libero di tornare indietro. Noi non indietreggiamo neanche un millimetro», chiude la porta. «Alleati in un sistema politico che non consente alleanze? Rischiamo di diventare insignificanti, credo che il partito si debba interrogare», la contro-replica serale di Quagliariello al Tg1. Col passare delle ore i margini di chiarimento si restringono. Alle parole di Alfano si aggiungono quelle di Fabrizio Cicchitto che parla di «rischio scissione dell’atomo. Bene il dibattito interno - concede - ma lasciare ora il governo sarebbe un suicidio proprio ora che si stanno ottenendo i risultati da noi sperati sulle riforme e sulla riduzione delle tesse». Silvio Berlusconi aveva già informato i suoi: «Gaetano tornerà nel centrodestra». E a dare il senso della brusca evoluzione della situazione arrivano le parole di entusiasmo dei capigruppo. «Ricostruiamo il centrodestra », è l’invito di Paolo Romani a Quagliariello. Nelle sue parole vede «un barlume di luce, finalmente» Renato Brunetta.  E in serata già si iniziavano a valutare nuovi scenari. Senatori pronti al grande passo potrebbero essere Andrea Augello, Nico D’Ascola e Carlo Giovanardi. Quest’ultimo ha già dichiarato unitamente alla deputata Eugenia Roccella che non voterà altre fiducie al governo. Alla Camera si fa il nome, fra i più critici, anche di Filippo Piccone. Interlocutori naturali - se lo strappo di Quagliariello, si consumerà come ormai sembra inevitabile - sarebbero i Conservatori di Raffaele Fitto e gli ex leghisti che fanno capo a Flavio Tosi.
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