venerdì 9 agosto 2013
Il ministro delle Riforme: «Quando nei momenti drammatici si fanno prevalere gli interessi egoistici gli esiti possono essere tragici. M5S attacca sul finanziamento? Se non si è discusso ancora
è per il loro ostruzionismo. Ma se a settembre i partiti non interverranno dovremo farlo noi. I tempi delle riforme? Già sanciti, entro dicembre 2014».
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«Attenzione a non rompere quella delicata linea di demarcazione che solo 100 giorni fa si è creata fra chi pur di salvare il Paese è stato disposto ad andare oltre alle ragioni di parte e chi punta allo sfascio», avverte Gaetano Quagliariello. Per il ministro delle Riforme per essere «seri» di fronte all’impegno preso con il governo delle larghe intese, «non si può prescindere dalla riforma della giustizia, che in buona parte si può fare anche con legge ordinaria». E non usa giri di parole: «La storia d’Italia insegna che quando nei momenti drammatici si fa prevalere in nome di interessi egoistici il "tanto peggio tanto meglio" gli esiti possono essere tragici con sbocchi anche di tipo autoritario». Ieri ha fatto discutere - tanto da indurlo a una successiva precisazione - una sua affermazione: «Non si possono sciogliere le Camere prima che la Corte Costituzionale si sia pronunciata sulla legittimità della legge elettorale».Dunque non ha senso parlare di voto prima del 3 dicembre.Per la precisione occorre che il Parlamento corregga l’attuale legge elettorale e da quella data devono passare almeno 55 giorni.  Correggiamo allora, non ha senso parlare di voto prima della prossima primavera.Non faccio previsioni. Ribadisco: non si può votare con questa legge. La legge elettorale non è una verità di fede, ma è figlia di un contesto politico e di un tempo storico. Quando il Porcellum fu concepito si era di fronte a due schieramenti che tendevano al 50 per cento e quindi non costituiva una misura abnorme un premio che portasse al 55 per cento. Le ultime elezioni hanno prodotto invece un risultato in cui nessuno schieramento ha superato il 30 per cento. Per cui il premio di maggioranza ha comportato che il primo, con un vantaggio dello 0,3 per cento, abbia riportato un numero di deputati pari quasi al triplo dell’altro. Ora si tratta solo di intervenire al più presto, considerato anche che su questa legge pende un giudizio di costituzionalità.Una legge elettorale però non ha senso avulsa dalla riforma dello Stato.L’ho sempre sostenuto. Ma un governo non può restare in vita solo perché la strada del voto è impedita: se infatti si votasse con questa legge, il Parlamento che ne scaturirebbe potrebbe essere delegittimato dalla decisione che la Consulta deve prendere il 3 dicembre. Bene hanno fatto dunque Senato e Camera a deliberare l’urgenza, così da rendere possibile quella 2rete di salvaguardia" che il governo sollecita da mesi. Naturalmente non stiamo parlando della legge elettorale definitiva, a regime, che dovrà essere definita solo quando sarà chiaro l’esito del percorso complessivo delle riforme, e dunque quale forma di governo verrà adottata.Il piatto però piange ancora sul capitolo riforme.Non direi. Il governo ha fatto la sua strada, e il bilancio dei 100 giorni è soddisfacente. La commissione degli esperti è stata la prova che il dialogo tra posizioni e sensibilità diverse è possibile. Le prime due letture necessarie per introdurre un nuovo iter di revisione costituzionale sono quasi completate. Poi l’abolizione delle province e il finanziamento dei partiti.Ma, sul finanziamento, dopo questo rinvio 5 Stelle dice che i partiti fanno finta.Intanto dovrebbero spiegare che questo ingolfamento delle Camere e il conseguente rinvio sono anche l’effetto del loro ostruzionismo. Certo però, se a settembre il Parlamento non facesse la sua parte le cose cambierebbero, e la responsabilità si sposterebbe sui partiti e il governo dovrebbe intervenire.Che tempi vede per le riforme?La tempistica indicata dal presidente Letta nel suo discorso di insediamento: dicembre 2014. Questa finestra di opportunità va utilizzata, ma prima del problema tecnico io vedo un problema politico. C’è l’esigenza di essere coerenti con l’impegno preso con Napolitano al momento della sua rielezione, quando ognuno ha rinunciato a perseguire i suoi interessi immediati, in virtù di un interesse comune di più ampio respiro: guardare al Paese evitando la deriva del "tutti contro tutti". Questa scelta, una volta fatta, va perseguita anche se i tempi sono diventati più difficili. Non è possibile guardare solo alla propria metà campo, dimenticando i problemi dei propri alleati in questa strana maggioranza. Allude ad Epifani?Per non dire di Renzi, che mostra di non guardare nemmeno agli interessi del suo partito a dire il vero, ma a quelli suoi personali. Atteggiamenti del genere rischiano di vanificare ogni sforzo.Berlusconi sembra il capo delle colombe, ma la sua condizione di condannato alimenta le posizioni dei falchi.Non si può chiedere a un partito di rinunciare alla sua dignità e alla sua storia. Così come non si può caricare solo sul Quirinale la soluzione di questa vicenda. Il Capo dello Stato saprà cosa fare. La sua intelligenza e la sua generosità andrebbero però aiutate da tutti, cercando i compromessi possibili ed evitando di mettergli continui paletti.Quindi, anche la giustizia va inserita nel treno delle riforme costituzionali?L’intervista al giudice Esposito è lo specchio della irrinunciabilità di una riforma seria. Che si può fare per la gran parte anche con leggi ordinarie.Fra l’altro nelle proposte dei saggi si parla anche di una regolamentazione delle interviste dei magistrati...Una proposta "saggia".
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