sabato 17 agosto 2019
Viaggio sulle colline trevigiane che un mese fa sono state riconosciute come patrimonio dell’umanità Le proteste del comitato contro i pesticidi, i timori per scuole e case.
Vigneti di Prosecco - Foto d'archivio (Ansa)

Vigneti di Prosecco - Foto d'archivio (Ansa)

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Sulle colline del Prosecco, tra Conegliano e Valdobbiadene, l’euforia per il riconoscimento di "sito Unesco patrimonio dell’umanità" sta evaporando velocemente. Un viaggio nel cuore dei 9.100 ettari unici al mondo a un mese dalla prestigiosa iscrizione alla World heritage list come 55esima meraviglia italiana porta anzi in primo piano battaglie e polemiche in corso da anni attorno ai vigneti di glera, da cui si spremono le bollicine più amate del momento. L’ultima a insorgere è stata la frazione di Premaor nel Comune trevigiano di Miane, in piena core zone Unesco: all’inizio di agosto erano 500 i cittadini convocati dalle associazioni ambientaliste e dal comitato genitori a manifestare contro l’abbattimento di un bosco per trasformare la collina che domina sulla frazione in un nuovo vigneto da 8 mila metri quadrati. Il rischio idrogeologico e soprattutto le irrorazioni tra le piante, a sei metri dalle case, costituiscono le principali preoccupazioni dei residenti. Proprio nei giorni della proclamazione Unesco, era partito da Cappella Maggiore, centro del Trevigiano, un esposto alla Procura di Treviso. Il vigneto convenzionale che circonda la scuola media su due lati sorge a sette metri di distanza dall’edificio: quali effetti avranno i trattamenti sugli alunni? «Quel vigneto dovrebbe stare ad almeno 30 metri dalla scuola e i trattamenti, prescritti il sabato e la domenica, rischiano di essere ancora nell’aria il lunedì, al rientro degli alunni in classe », spiegano gli attivisti di 'Marcia stop pesticidi', che ogni anno a maggio sfilano fino all’abbazia di Follina per chiedere la conversione dell’attuale modello agricolo.

La questione fitofarmaci è nota da tempo. Dei loro effetti sulle api si sta occupando la Procura di Udine. Attorno all’asilo di San Giacomo di Vittorio Veneto, sempre in provincia di Treviso, è in corso un braccio di ferro simile a quello della scuola di Cappella Maggiore. Ma da queste parti, ogni scuola o edificio pubblico è oggetto di prescrizioni sull’utilizzo dei principi attivi. «Una battaglia sacrosanta – l’ha definita Zaia – combattuta nel posto sbagliato, dato che l’area Unesco è composta per il 70 per cento da boschi e solo per il 30 da vigneti ». Parole che non tranquillizzano il comitato 'Marcia stop pesticidi': «Temiamo l’effetto 'Mulino bianco': l’area tutelata tirata a lucido, mentre tutto intorno, nell’enorme consorzio della Doc del prosecco, che comprende tutto Veneto e Friuli, le cose andranno diversamente, come già sta avvenendo ». Malattie diffuse, nuovi reparti di onco-ematologia che aprono negli ospedali e soprattutto studi internazionali citati dai medici Isde che comprovano la presenza di pesticidi anche nei feti. «Siamo terrorizzati da ciò che questi trattamenti potranno provocare non oggi, ma nei prossimi decenni».

A Revine Lago, altro Comune trevigiano, una ventina di mamme si è mossa nel 2016 e ha scongiurato ciò che sta avvenendo a Miane. «Quando abbiamo saputo che un grande vigneto stava per essere piantato qui da noi, abbiamo raccolto 840 firme – racconta Lisa Trinca –. Da lì è nato il regolamento comunale che ha limitato molto la piantumazione di glera: se non avessimo vinto questa battaglia, ce ne saremmo andati. Il Prosecco fa male». Mezz’ora di auto e arriviamo a Valdobbiadene, cuore della produzione storica, con le etichette più famose e il celebre colle del Cartizze. Per il sindaco Luciano Fregonese, «abbiamo di fronte a noi una grande opportunità, ma nessuno ci regala nulla. Siamo debitori a chi ci ha lasciato un territorio unico, ora servono nuove vie di sviluppo». Qui ci sono 650 imprese agricole, per lo più vitivinicole, appena 1,23 ettari di superficie media: un fattore che deriva dalla mezzadria medievale e che ha contribuito a rendere oggettivamente unici questi posti. Molte forniscono i produttori più grandi, come Ruggeri, Mionetto e Valdo, oggi in mano a tedeschi o a gruppi nazionali che, confessano i giovani produttori, pagano meglio e prima. Sui colli fervono i lavori: tutti ampliano la cantina e c’è chi progetta il B&b dopo il ricovero attrezzi. Meglio provvedere, prima che l’Unesco imponga nuovi vincoli. Prende vita il "turismo emozionale" evocato da Zaia: il sogno di dormire tra i vigneti in un panorama unico. «Ciò che conta adesso è differenziarci sempre più come produzione di Prosecco superiore di Valdobbiadene. Con il Prosecco di pianura non abbiamo nulla a che spartire» chiarisce una giovane operatrice che conduce la cantina di famiglia.

Ma ci sono altre due questioni che questa terra dovrà affrontare. Anzitutto l’erosione. Lo certifica uno studio dell’Università di Padova: ogni bottiglia di Prosecco erode potenzialmente 3,3 chilogrammi di terreno, un totale di 40 tonnellate all’anno contro le 1,5 tollerate a livello europeo. E poi il problema monocoltura: «Se si ferma il vino qui rimane il deserto – commenta un cittadino mentre attraversa la piazza –. Avevamo le fabbriche fino agli anni Ottanta. In molti hanno lasciato per il vino. Ora occorre assolutamente differenziare».

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