giovedì 5 novembre 2015
Stoccolma: situazione ormai al limite, redistribuzione anche per i nostri rifugiati.
Profughi, nuovo allarme. La Svezia chiede aiuto
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Finora tra i più generosi sul fronte dei richiedenti asilo, alla fine persino la ricca ed efficiente Svezia ha dovuto alzare bandiera bianca. Ieri il premier svedese Stefan Löfven ha deciso di invocare l’aiuto dell’Unione Europea, chiedendo di attivare una clausola prevista dalla decisione Ue dello scorso settembre sui 120.000 richiedenti asilo da spostare da Italia e Grecia: e cioè la possibilità di essere inclusa tra i beneficiari, mentre finora era tra i Paesi di destinazione. «La Svezia – ha annunciato Löfven – a lungo ha assunto una responsabilità irragionevolmente ampia in confronto ad altri Stati dell’Ue, e ora siamo al limite. È tempo che altri Paesi assumano le proprie responsabilità e questo richiede una ridistribuzione di rifugiati dalla Svezia». Secondo Eurostat, tra settembre 2014 e settembre 2015, la Svezia, da anni tra le primissime destinazioni dei rifugiati di tutto il mondo, ha visto arrivare 71.740 richiedenti asilo su una popolazione di 9,6 milioni di abitanti. Numeri in forte crescita, il governo prevede fino a 190.000 arrivi il prossimo anno. Queste cifre, ha detto anche il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, ieri in visita a Stoccolma, sono «la prova della generosità e della solidarietà della Svezia. Avete diritto al sostegno degli altri». La decisione dei Ventotto, ora legge Ue, prevede che dei 120.000 previsti 15.600 siano spostati dall’Italia, e altri 50.400 dalla Grecia. I restanti 54.000 avrebbero dovuto essere trasferiti dall’Ungheria, che però ha rifiutato. Si è dunque deciso di 'congelare' questi posti fino al 26 settembre 2016 – dopodiché anche questi andrebbero trasferiti dai due Paesi mediterranei. La normativa, però, prevede che un altro Stato membro che si senta in situazione di emergenza possa chiedere di essere lui a beneficiare (in parte o in toto) di questi 54.000 posti, ed è questo che chiede ora la Svezia (per ora, il governo non ha specificato la cifra). Starà ora a Bruxelles vagliare la richiesta, anche se non sarà facile dire di no a Stoccolma. Un segnale altamente simbolico, che dimostra come ormai sia sempre più difficile, anche per Paesi molto avanzati, resistere alle dimensioni della crisi migratoria. Non senza problemi potenzialmente anche rilevanti. Se la Svezia diverrà Paese beneficiario della ridistribuzione, si dovranno ritoccare al rialzo le quote previste per gli altri Stati che dovranno accogliere i 2.397 richiedenti asilo che dovevano andare in Svezia (cui si aggiungono in realtà altri 1.369 nel quadro dell’altra decisione che riguarda 40.000 da trasferire sempre da Italia e Grecia, che però è cosa distinta). E se anche altri Paesi del centronord Europa seguissero l’esempio, potrebbe essere a rischio tutto il sistema delle quote. Basti dire che la sola Germania – sotto fortissima pressione – deve assorbire 17.036 dei 120.000, che sarebbero da redistribuire sugli altri Stati se anche Berlino chiedesse il soccorso Ue. Intanto procedono le partenze di richiedenti asilo da Italia e Grecia in base alla prima decisione, quella sui 40.000. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ieri ha annunciato che «domani ne partiranno 20 per la Francia, mentre altri 50 andranno in Spagna domenica». Alfano ha però avvertito che serve più chiarezza giuridica sugli hotspot, i centri di registrazione e accoglienza che l’Italia sta allestendo come richiesto dall’Ue. Secondo il ministro occorre studiare anche l’ipotesi di «trattenimenti più lunghi in queste strutture per poter procedere alle identificazioni dei migranti».
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