lunedì 28 gennaio 2019
Campagna Acnur fino al 17 febbraio per assicurare l'istruzione e l'infanzia ai minori rifugiati. Con un sms o una chiamata da rete fissa al 45588 si donano due euro garantendo un mese di scuola
 Quando la scuola salva le bambine profughe da abusi e matrimoni forzati
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Spose a soli 10 anni. Oppure sole in un paese straniero, senza genitori, esposte al rischio di subire abusi e violenze sessuali. O ancora, sfruttate, costrette a raccogliere legna nelle ore serali, rischiando aggressioni potenzialmente fatali. Sono questi i gravi pericoli che le bambine rifugiate corrono quando non hanno accesso all’istruzione. Rischi denunciati nell’evento “Una bambina rifugiata non può scegliere, ma noi sì”, organizzato dall’Acnur con la partecipazione degli attori Cecilia Dazzi, Maria Chiara Giannetta e Francesco Pannofino. Obiettivo dell'iniziativa, il lancio della campagna di raccolta fondi “Mettiamocelo In Testa” per aiutare proprio i bambini sfollati e rifugiati. Dei quasi 70 milioni di profughi globali circa il 90% resta nei paesi in via di asviluppo.

Le bambine rifugiate quando non hanno accesso non rischiano solo una pesante ipoteca sul loro futuro, ma vengono esposte ad abusi, violenze e sfruttamenti. Giunta alla terza edizione, la campagna #mettiamocelointesta mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’istruzione per le bambine rifugiate e raccogliere donazioni, anche piccole, per garantire loro l’accesso a un’istruzione di qualità. Stando ai numeri emersi nel rapporto dell’Acnur Turn the Tide (Cambia il corso, ndr) sono circa 4 milioni i bambini rifugiati in tutto il mondo che non hanno la possibilità di andare a scuola, quasi 500 mila in più rispetto allo scorso anno. E l’accesso all’istruzione tra i bambini e le bambine rifugiate non è uguale. E sono le bambine le più discriminate: per loro è ancora più arduo accedere all’istruzione e completare il corso di studi. Le ragazze rifugiate infatti hanno la metà delle probabilità di iscriversi ad una scuola superiore rispetto ai loro coetanei maschi. Un diritto negato che, inoltre, segna una discriminazione di genere nell’istruzione per le bambine rifugiate: secondo un recente studio della Banca Mondiale, questo determina anche un costo di 30 mila miliardi di dollari in termini di produttività e mancati guadagni.

«E’ tempo di investire concretamente nell’istruzione delle bambine rifugiate. Più alto è infatti il loro livello di istruzione - Carlotta Sami, portavoce dell’Acnur per il Sud Europa - più elevate saranno le loro abilità in termini di autonomia, leadership e capacità imprenditoriale, qualità fondamentali che aiuteranno sia l’integrazione nelle comunità ospitanti e il loro sviluppo, che la ricostruzione dei paesi di provenienza. Obbligate a diventare adulte prima del tempo, private della loro infanzia, costrette a rinunciare ai propri sogni e speranze, alle bambine rifugiate non è lasciata alcuna scelta. Ma noi - spiega la portavoce Acnur - possiamo scegliere di assicurare loro un’istruzione di qualità per ricominciare a sognare e costruire un futuro dignitoso». Per sostenere la campagna Acnur basta un sms o una chiamata da rete fissa al 45588 e con due euro si può garantire un mese di scuola a una bambina rifugiata.

Secondo i dati del Rapporto Acnur , solo il 61% dei bambini rifugiati frequenta la scuola primaria, rispetto al 92% dei bambini nel mondo. E con l’età, questo divario aumenta: alla scuola secondaria accede solo il 23% dei rifugiati rispetto all’84% dei bambini su scala globale; questa percentuale scende, infine, all’1% quando si parla di istruzione superiore (vs. il 37% dei ragazzi nel mondo). E per le bambine rifugiate la situazione è ancora più drammatica e allarmante: crescendo, devono affrontare una maggiore emarginazione e il divario di genere in età scolare aumenta, complici le convenzioni sociali e culturali (che fanno sì che i ragazzi abbiano priorità a scuola), le strutture inadeguate (come la mancanza di servizi igienici dedicati o forniture per il ciclo mestruale), oltre al fatto che libri, uniformi scolastiche e viaggio fino a scuola possono avere costi proibitivi per le famiglie. Secondo i dati Unesco, se tutte le ragazze potessero completare la scuola primaria, i matrimoni precoci si ridurrebbero del 14% (se terminassero la scuola secondaria anche del 64%) e anche la mortalità infantile dovuta alla diarrea, alla malaria o alla polmonite decrescerebbe drasticamente (dell’8% con un’istruzione primaria e del 30% completando quella secondaria).

Servono inoltre più scuole per far spazio anche alle bambine rifugiate; maggiore protezione dalle molestie o aggressioni durante i viaggi per raggiungere la scuola; una lotta costante contro il bullismo e la violenza sessuale di genere nelle classi; incentivi alle famiglie rifugiate per permettere alle figlie di continuare a studiare; più insegnanti donne, che rendano le bambine più propense a
frequentare la scuola; infine, dei doposcuola che possano fornire alle ragazze un arricchimento e migliorare il loro rendimento scolastico e la fiducia in se stesse.

I fondi raccolti con la campagna #mettiamocelointesta andranno quindi a sostenere il progetto “Educate a child” (Educa un bambino, ndr), avviato dall’Acnur nel 2012 in 12 paesi: Siria, Iran, Pakistan, Yemen, Etiopia, Malesia, Kenya, Uganda, Ruanda, Sud Sudan, Ciad, Sudan. Nei primi 5 anni dall’avvio del progetto, nei 12 paesi coinvolti si è riusciti a garantire un’istruzione a 1 milione e 350 mila bambini; sono state costruite e ristrutturate 263 scuole; è stato garantito sostegno economico diretto a più di 104 mila bambini provenienti da famiglie vulnerabili; sono stati reclutati e formati 31.402 insegnati (ben 12.091 solo nello scorso anno). Dal 2012, a tutti i bambini rifugiati l’UNHCR ha distribuito circa 3.075.000 tra libri di testo e altri materiali didattici e 752.776 uniformi scolastiche; infine ha fornito sostegno a 8.233 bambini con disabilità, che altrimenti non avrebbero potuto frequentare la scuola.

Dal 27 gennaio al 17 febbraio la campagna può essere sostenuta inviando un SMS da 2 euro al numero solidale 45588. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari Wind Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Iliad, Coop Voce e Tiscali. Sarà di 5 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa TWT, Convergenze e PosteMobile, di 5 o 10 euro per ciascuna chiamata fatta sempre al 45588 da rete fissa TIM, Wind Tre, Fastweb, Vodafone e Tiscali. Per la campagna - che gode del sostegno di Responsabilità Sociale della RAI, di La7, SKY per il Sociale e di Radio Capital - anche il mondo del calcio entrerà in azione con iniziative dedicate sui campi di gioco dei quarti di finale della Coppa Italia (29, 30 e 31 gennaio) e della terza giornata del girone di ritorno della Serie A Tim (2,3 e 4 febbraio).

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