domenica 6 dicembre 2020
Ora che alcuni vaccini, quando avranno superato le verifiche di sicurezza, tollerabilità ed efficacia da parte dell’Agenzia europea (Ema) e italiana dei farmaci (Aifa), a
Profilassi obbligatoria? Serve libertà responsabile

Ansa

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Ora che alcuni vaccini, quando avranno superato le verifiche di sicurezza, tollerabilità ed efficacia da parte dell’Agenzia europea (Ema) e italiana dei farmaci (Aifa), approderanno anche nel nostro Paese per la profilassi del Covid-19, si è accesso il dibattito sociale e politico sulle condizioni della loro inoculazione nei cittadini al fine di raggiungere un grado adeguato di protezione individuale e nella popolazione.

In discussione non sono solo la priorità delle categorie di cittadini nell’accesso alla vaccinazione (saranno richiesti non pochi mesi per utilizzare gradualmente le decine di milioni di dosi multiple prenotate dall’Italia), le competenze sanitarie e amministrative territoriali e le risorse umane, logistiche e finanziarie per questa poderosa operazione, ma anche – e soprattutto – la risposta alla domanda che molti si pongono: sarà obbligatorio vaccinarsi? Le ipotesi sinora trapelate dagli uomini di governo e dai loro consulenti vanno dalla rassicurazione della non obbligatorietà generalizzata a quella di una cogenza per alcune categorie (operatori sanitari, forze dell’ordine e militari, lavoratori di altri servizi pubblici essenziali a stretto contatto con gli utenti, residenti in strutture socio-assistenziali), sino ad una eventuale imposizione allargata (sanzionabile o meno) nel caso in cui una consistente fascia della popolazione non rispondesse volontariamente all’invito – che sarà di certo pressante – a farsi vaccinare.

Per ognuna di queste congetture si aprono interrogativi medici, etici, psicologici, sociali, giuridici (anche di rango costituzionale) e politici di non facile soluzione e composizione tra istanze diverse e fondamenti antropologici, morali e di diritto differenti. Al di là della discussione sui diversi indirizzi prospettati e prospettabili e sulla loro legittimità e giustizia, resta una considerazione che parte dal cuore dell’uomo, dal centro di gravità dell’umano che è la sua libertà. Senza libertà, non c’è uomo e non c’è società. Ogni progetto che la politica e l’amministrazione della civitas mette in campo – anche in quello sanitario – ha come risorsa ineludibile e limite invalicabile la libertà della persona.

Ma la libertà cui ci stiamo riferendo non è solo e tanto il 'libero arbitrio' con cui ciascuno dispone di sé a prescindere da ogni altro riferimento («se mi va di vaccinarmi e vaccinare i miei figli lo faccio, altrimenti no»), bensì la 'libertà responsabile' che si decide di fronte ad un bene o ad un male assumendosi il compito di promuovere il primo ed allontanare il secondo dalla vita individuale e comunitaria. Serve riportare alla luce il binomio inscindibile libertà-bene. Non si consegue un bene senza passare attraverso la libertà, ma 'quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi. Non c’è vera libertà se non al servizio del bene e della giustizia' (Catechismo, n. 1733). Promuovere e coinvolgere, non coartare la libertà del cittadino, reso edotto con documentazione, onestà e trasparenza del valore e dei limiti (ineludibili) di ogni vaccino anti-Covid, è la strada giusta. È solo attraverso un appello alla libertà e responsabilità dei cittadini che lo Stato può perseguire al medesimo tempo il bene del singolo e il bene di tutti, ossia il bene comune.

Nel caso in questione, la tutela della salute mia e di quella degli altri. Senza il coinvolgimento attivo della libertà del cittadino - non escludendo il caso serio che la risposta non vada nella direzione auspicata - è dietro l’angolo lo scivolone verso il collettivismo o l’individualismo, tanto lontani tutt’e due dalla prospettiva del bene comune. Il bene va fatto per libertà, non per forza. Come scriveva San Paolo al suo collaboratore Filèmone, «non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo» (Fm 1, 14). Anche il bene della profilassi individuale e sociale contro il flagello del Covid-19 non fa uno strappo a questo sano principio etico e civico, pur nella eccezionalità della situazione sanitaria in cui ci troviamo.

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