giovedì 8 aprile 2010
Consegnata la relazione dei periti incaricati di stabilire le cause del decesso del geometra romano che era stato arrestato per droga una settimana prima. Il consulente del pm ha anche rilevato che alcune fratture possono essere l’esito di un pestaggio. L’avvocato della famiglia: lunedì saprete la verità.
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Stefano Cucchi è morto per disidratazione e per le cure non prestate dai medici del reparto penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini, che hanno ignorato anche le fratture - recenti e compatibili con un pestaggio - alla colonna vertebrale e al coccige. La nuova consulenza dei periti sul cadavere del geometra romano, consegnata ieri ai pm della procura di Roma che indagano sulla sua morte, conferma le conclusioni cui era arrivata il 17 marzo la commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficienza del Servizio sanitario, presieduta dal senatore Ignazio Marino. Ed è polemica tra la famiglia Cucchi e il consulente della procura professor Paolo Arbarello, dopo il suo annuncio di una conferenza stampa per questa mattina: «Non gli sarebbe consentito, anzi, sarebbe vietato in ragione della sua funzione pubblica di ausiliario dei pm», reagisce la sorella Ilaria Cucchi. «A loro chiedo se è giusto che i loro consulenti si preoccupino di più e prima di inseguire i giornalisti piuttosto che sottoporre ai loro colleghi e a noi familiari l’esito tanto sospirato delle loro indagini». L’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia, annuncia per lunedì una relazione preparata dal professor Vittorio Fineschi in collaborazione con undici istituti diversi: «Avrà caratteri di dirompente e inconfutabile verità».La consulenza è stata consegnata ieri ai pm Vincenzo Barba e Francesca Loy. Chiesta con insistenza dai familiari, è stata condotta dall’Istituto di medicina legale della Sapienza dagli esperti nominati dalla procura e coordinati dal professor Paolo Arbarello. L’analisi medico-legale afferma dunque che Stefano Cucchi – morto al Pertini il 22 ottobre una settimana dopo il suo arresto per droga – è deceduto per disidratazione e assenza di cure. Alcune fratture riscontrate erano di vecchia data, altre, come quella alla colonna vertebrale e al sacro-coccige, erano recenti e compatibili con il pestaggio. Nell’inchiesta sono indagati per omicidio preterintenzionale tre agenti della Polizia penitenziaria, che si trovavano con Cucchi nelle celle sotterranee del Tribunale di Roma in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto, e, per omicidio colposo, sei medici del Pertini.Alla luce della consulenza, la procura potrebbe anche derubricare il reato attribuito agli agenti configurando quello, più lieve, di lesioni personali, lasciando invariata la contestazione ai sanitari. Il legale dei Cucchi ribadisce «quello che abbiamo sempre detto: è giusta l’accusa di omicidio preterintenzionale per le guardie e di omicidio colposo per i medici». L’avvocato Anselmo mette in guardia sulla possibile derubricazione: «La responsabilità delle guardie carcerarie non può essere misconosciuta. Secondo la Cassazione la preterintenzionalità è configurabile anche quando le lesioni non sono causative della morte». Stefano infatti «è finito in ospedale, dove poi è morto, per le percosse ricevute. Altrimenti non ci sarebbe mai arrivato».
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