giovedì 19 maggio 2022
Finito l'interrogatorio del cardinale, che si è detto "umiliato" per il trattamento. L'imputata presenta una memoria su una strana vicenda che coinvolgerebbe esponenti del Cremlino
Il cardinale Angelo Becciu

Il cardinale Angelo Becciu - Ansa

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Si è concluso nella sedicesima udienza, quella di oggi 19 maggio, l'interrogatorio del cardinale Angelo Becciu al processo vaticano originato dalla compravendita di un immobile londinese. E si trattato di un'udienza ancora molto tesa, con frequenti battibecchi tra il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, e le difese. Lo stesso cardinale Becciu, interrogato complessivamente per più di 20 ore in tre distinte udienze, ha letto in aula una dichiarazione in cui è detto «umiliato» per il trattamento riservatogli in alcuni passaggi dell'interrogatorio. «Mi duole dirlo, ma sono state avanzate domande, da parte dell’Ufficio del Promotore, che hanno leso la mia dignità sacerdotale e la mia onestà personale», ha sottolineato, l'ex sostituto della Segreteria di Stato. "Sono stato platealmente
apostrofato di far finta di non intendere o non ricordare - ha lamentato -, si è addirittura dubitato sulla mia rettitudine nel gestore offerte ricevute dai fedeli, si è cercato di carpire la mia buona fede presentandomi documenti non firmati o di dubbia attribuibilità con premesse nocive per il mio sforzo mnemonico, esulando così dai fatti su cui sono chiamato a difendermi".

"Io non sono certamente un esperto di diritto - ha aggiunto il porporato sardo -, ma non posso consentire che si espongano, strumentalizzandoli, fatti ed argomenti, che ritengo assolutamente estranei alle accuse e che offendono la mia dignità cardinalizia e, tramite essa, la Chiesa tutta". Pertanto, ha concluso, "mi limiterò a rispondere esclusivamente - per quanto riguarda l'accusa relativa alla Spes - alle domande afferenti i due pagamenti effettuati nel 2015 e nel 2018 (rispettivamente 25 mila e 100 mila euro, ndr). Rimango ovviamente a disposizione del Tribunale e delle parti esclusivamente per le accuse sulle quali sono stato chiamato
chiamato a rispondere nel processo". Per quanto riguarda la compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra, il cardinale ha ribadito che nessuna segnalazione di criticità gli era stata fatta dall'ufficio amministrativo diretto da monsignor Alberto Perlasca. E che se queste criticità gli fossero state sottoposte, avrebbe immeditamente convocato una riunione per cercare di trovare una soluzione.

Proprio Perlasca, che nel procedimento è stato arciviato e ha chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile nei confronti di Becciu per il reato di subornazione di testimone, ha fatto la sua comparsa in aula, ma il presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, ne ha disposto l'allontamento, in quanto la sua presenza era incompatibile con la veste di possibile testimone. Perlasca ha manifestato platealmente la sua contrarietà alla decisione, prima di allontanarsi protestando.

Ma il fatto più nuovo riguarda una memoria di Cecilia Marogna depositata dal suo avvocato (ma non letta in aula) in cui si dice che alcuni emissari russi, che le erano stati presentati dall'imprenditore romano Piergiorgio Bassi, vicino - sempre secondo quanto afferma Marogna ad alcuni generali italiani - chiesero di incontrare l'allora sostituto Becciu. I due si presentarono come delegati per le questioni estere del presidente Putin e tramite Marogna e Bassi chiesero informazioni su un conto denominato "Imperial", che asserivano essere presente presso lo Ior. Marogna chiese a Becciu di verificare e lui (è sempre la versione della donna) "si rese disponibile ad interfacciarsi direttamente con il direttore generale dello Ior, il dott. Gian Franco Mammì". La risposta ricevuta qualche giorno dopo riportava l'inesistenza del trust" di cui Bassi "fornì solo il nome e non ulteriori dati per poter eventualmente approfondire una ricerca più specifica".

L'incontro con Becciu avvenne invece in seguito all'altra richiesta dei due, addirittura quella di ricevere in dono le reliquie di San Nicola che nel 2017 erano state portate in Russia per la venerazione dei fedeli ortodossi. Atto allora molto apprezzato sia da Kirill, che da Putin, che secondo Marogna è devoto del santo. Tuttavia fu lo stesso sostituto a riferire che chi poteva donare le reliquie era solo il loro custode, l'arcivescovo di Bari-Bitonto, all'epoca Francesco Cacucci. Il quale si disse indisponibile a donare le reliquie "in modo permanente", un atto che a Bari "sarebbe stato considerato inopportuno". L'imprenditore Bassi, secondo Marogna, ne rimase contrariato. Gli fu comunque suggerito di far inviare direttamente, tramite appunto i suoi "partner russi", una lettera ufficiale del patriarca Kirill alla Segreteria di Stato vaticana. Ma "l'ipotizzata lettera non arrivò mai alla Segreteria di Stato, sollevando così alcuni dubbi sull'iniziativa portata avanti da Bassi e dalla sua 'delegazione' russa". In merito alla vicenda, alla fine dell'udienza, il cardinale Becciu ha detto ai giornalisti che quello con i russi era "un incontro riservato" e non ne ha voluto "fare menzione".

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