giovedì 7 luglio 2016
Vatileaks, Mirabelli: «Processo ai libri? Siamo seri...»
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Occorre attendere la prima sentenza, e soprattutto le motivazioni. Ma quello ormai alle ultime battute in Vaticano è stato «un processo celebrato con libertà e nel rispetto dei diritti fondamentali della difesa». Parola di Cesare Mirabelli, giurista insigne, presidente emerito della Corte Costituzionale italiana.

Professore, a leggere i commenti di alcuni opinionisti, sembrerebbe che i giornalisti e gli altri indagati si trovino davanti al tribunale dell’inquisizione medievale. L’ex direttore di 'Repubblica' Ezio Mauro, uno che a Mosca ai tempi dell’Urss c’è stato e dovrebbe sapere quel che dice, è arrivato addirittura a evocare lo spettro della 'giustizia' sovietica. Lei non la pensa così. Perché? Perché vedo che lo svolgimento e l’accuratezza del processo, lo sviluppo del dibattimento, la possibilità amplissima che hanno avuto gli imputati di svolgere le loro difese, mostrano che sono sta- te seguite le regole del 'giusto processo'. In altre parole: c’è un’accusa, c’è una difesa, c’è un giudice indipendente, terzo e imparziale, il quale garantisce la correttezza del procedimento e che poi valuterà le prove emettendo una sentenza, che potrà essere appellata.

Ma in questo caso potrebbe apparire sottile il confine tra un’inchiesta per il reato di sottrazione illecita di documenti riservati e il tentativo di mettere le briglia alla libertà di informazione. Attenzione: non è in discussione la libertà di stampa, di espressione e meno che mai di opinione. Il punto di partenza è un altro. L’inchiesta e il processo sono volti ad accertare se vi sia stata sottrazione illecita di documenti e se i giornalisti abbiano partecipato in qualche misura in questo eventuale reato. Le domande a cui il giudice deve rispondere, per quanto riguarda i giornalisti, non attengono al contenuto dei libri e alla loro pubblicazione, ma se vi è stato un loro concorso nella attività illecita di sottrazione di documenti sia pure al fine di pubblicarli e divulgarne il contenuto. Ripeto: non è un processo alla pubblicazione, ma a eventuali reati preordinati alla pubblicazione.

Si è arrivati a sostenere che il Codice penale vaticano sia vetusto, anzi 'inquisitorio', e perciò non assicurerebbe le garanzie tipiche delle democrazie moderne. È così? Premesso che le autorità dello Stato vaticano hanno piena legittimità nell’approfondire se vi sono stati reati secondo la propria legge, occorre dire che il Codice penale applicato in quello Stato, il Codice liberale Zanardelli, è considerato più garantista di quanto non sia per il Codice Rocco, applicato in Italia. La procedura penale è altrettanto garantista, ci sono leggi speciali che hanno introdotto fattispecie criminose che hanno riguardato la sottrazione di documenti. Ma quando è in gioco la sicurezza o la riservatezza su elementi ritenuti di particolare interesse pubblico dello Stato, si tratterebbe di reati previsti anche da altri ordinamenti, nei quali pure sono garantiti libertà di espressione, tutela dei diritti e giusto processo.

Intende dire che i funzionari accusati di aver travasato i documenti ai giornalisti sarebbero stati perseguiti allo stesso modo in Italia o in altre democrazie se il medesimo reato fosse stato commesso da pubblici ufficiali? È proprio così. Spesso anche per reati commessi all’estero o da non cittadini dello Stato.

Eppure questi argomenti passano in secondo piano, mentre sembra prevalere una narrazione imbastita di suggestioni. Si è dato una spiegazione? Non sono mancati, finora, anche superficialità e sensazionalismo. Ma vorrei che sia chiaro come non debbano affatto confondersi le inchieste giornalistiche, da apprezzare e incoraggiare se offrono una informazione libera e genuina, con il reato di trafugamento di documenti. Una cosa è pubblicare, esprimere un opinione, diffondere documenti riservati che il giornalista può aver ricevuto; un’altra cosa è l’ipotesi di aver dato vita o di aver partecipato a condotte illecite per procacciarsi documenti. Al centro di questo procedimento vi è solo questa accusa, e non il tentativo di imbavagliare i cronisti. Non mi meraviglia del tutto che ci si adoperi per confondere le acque, ma bisogna essere rigorosi anche nella cronaca e fondati nella critica.

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