lunedì 1 luglio 2013
Ancora 34mila i siti contaminati, ma all’appello mancano le case private. Secondo gli esperti il picco di mortalità causata dal tumore pleurico sarà tra il 2015 e il 2025. Secondo Assobeton in Italia ci sono almeno 12 milioni di tonnellate di lastre contaminate.
L'ALTOLÀ Smaltimento? Non possono essere le famiglie a farsene carico di Maurizio Patricello
COMMENTA E CONDIVIDI
Colpisce alle spalle. E non è solo un modo di dire. All’inizio sembra un mal di schiena. Una fitta da mettere a tacere con uno di quegli impiastri venduti in farmacia. Ma ci vorrà altro tempo prima di accorgersi di essere stati colpiti da un nemico subdolo, che da anni si annidava nei polmoni. È così che generalmente si presenta il mesotelioma, il tumore pleurico provocato da esposizione all’amianto.Tremila morti all’anno. E il peggio deve ancora arrivare. Gli esperti si attendono il picco della mortalità dal 2015 al 2025. Per prevenire bisognerebbe quantomeno sapere dov’è che ancora si nasconde il veleno con cui sono state farcite coperture in cemento, coibentazioni residenziali, edifici produttivi, perfino scuole e ospedali. Ma al di là dei proclami, ancora manca una radiografia completa sulla presenza di amianto nel territorio.Una delle tecniche messe a punto per le bonifiche riguarda la rimozione del cosiddetto "polverino". Si tratta della polvere di scarto ricavata dalla lavorazione dell’amianto che, specie nel Monferrato, dove l’azienda Eternit aveva il suo quartier generale italiano, gli abitanti del luogo prelevavano liberamente dalla fabbrica per utilizzarlo nelle proprie abitazioni come materiale coibente per sottotetti o per pavimentare i cortili. «Questo materiale – spiega Federica Paglietti, ricercatrice e responsabile scientifico Inail – contiene in peso circa il 10-15% di amianto, che vi si trova in forma libera e risulta pertanto più pericoloso rispetto allo stato compatto, perché facilmente respirabile».Secondo stime, peraltro poco aggiornate, sono almeno 34mila i siti contaminati, di cui quasi 400 ad alto rischio. Da questo calcolo mancano le abitazioni private, cioè la maggioranza delle costruzioni. Secondo Assobeton (Associazione nazionale industrie manufatti cementizi), nella Penisola non ci sono meno di 12 milioni di tonnellate di lastre in cemento-amianto, pari ad 1 miliardo e 200 milioni di metri quadri di coperture. Come se una distesa vasta quanto Umbria e Marche messe insieme fosse interamente lastricata di fibrocemento.Per avere un’idea di quanto allarmante sia il problema occorre tornare al 2012, quando il Centro nazionale per le ricerche completò una sorta di telerilevamento su incarico della Regione Lazio. Venne monitorato il 4,6% del territorio. Furono individuati 1,7 milioni di metri quadri di cemento amianto, pari a 2.966 coperture comprendenti soprattutto tettoie di capannoni industriali. E se questo riguarda meno del 5% del solo Lazio, basta fare le proporzioni per comprendere quanto grande sarà, da qui ai prossimi vent’anni, il cimitero delle vittime di mesotelioma.La radiografia completa dell’intera superficie italiana resta un miraggio. Le Regioni sono ancora ben lontane dal completare un censimento che andrebbe fatto casa per casa. Fino alla messa al bando del 1992, l’Italia è stata il secondo maggior produttore europeo di amianto dopo l’Unione Sovietica. L’Eternit, prima industria di manufatti in cemento-amianto fino ai primi anni ’70, e la Fibronit, che a Casale Monferrato produceva esclusivamente cemento, fornivano oltre il 40% della produzione nazionale di manufatti in cemento-amianto.Nell’Alessandrino, dopo il caso Eternit che ha portato alle recenti condanne per gli ex vertici della multinazionale svizzera, è stato messo a punto un metodo per la bonifica degli edifici contaminati. Viene effettuata la rimozione a umido del "polverino". Questa operazione è già stata eseguita gratuitamente in circa 150 siti distribuiti tra tutti i 48 Comuni dell’area inquinata dagli stabilimenti di Casale Monferrato.Come se non bastasse, anche se le analisi e le bonifiche andassero a pieno regime, ogni sforzo rischia di infrangersi contro un’altra anomalia tutta italiana.Una ricerca Inail ha rilevato 73 impianti per lo smaltimento del fibrocemento. In funzione, però, ce ne sono solo 22. Con il risultato che, visti i costi e le difficoltà d’intervento, tonnellate di eternit finiscono nelle discariche abusive. Avvelenando anche quelle porzioni di territorio da cui le polveri d’amianto erano state alla larga.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI