sabato 29 ottobre 2016
Architetti ed esperti: serve il supporto del ministero
Prevenzione e piani di messa in sicurezza per chiese e luoghi sacri
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«Fratel terremoto: così lo chiama il mio vescovo», riferisce il sindaco di Assisi, Stefania Proietti. Perché fa parte degli inevitabili eventi naturali, per quanto possa aver conseguenze nefaste. «Ma questi ultimi eventi ad Assisi non hanno causato drammi. Si sono sentite le scosse, ma tutte le strutture hanno retto grazie agli interventi compiuti dopo il sisma del 1997. È una buona notizia e bisogna metterlo in rilievo, non ci sono solo i disastri». La chiave è prevenire. «Dopo il sisma del 1997 – continua Proietti – qui da noi gli edifici storici sono stati rivisti e se necessario migliorati con tecniche nuove, quali le fibre di carbonio ». Queste, leggere e resistenti, consentono di fasciare le basi delle cupole e di raccordare tra loro travi e pilastri, in modo tale da evitarne lo sganciamento, che è quanto provoca i crolli.

Anche monsignor Stefano Russo, vescovo di Fabriano-Matelica e responsabile per i Beni culturali ecclesiastici nelle Marche, desidera guardare con speranza al futuro: «Fortunatamente s’è messo fine all’uso indiscriminato del cemento armato nel consolidare gli edifici storici. Questo, essendo pesante, tende ad aggravare i danni. Gli interventi compiuti dopo il sisma del ’97 hanno seguito strade diverse. Dopo il cumulo di danni sofferti in questo recente periodo, tra agosto e ottobre, sarà importante procedere con molta attenzione e scegliere le vie più appropriate. Ogni edificio fa storia a sé e necessita di uno specifico progetto: non si può agire affrettatamente». Il problema dell’evento sismico di ottobre è che si somma a quello precedente di agosto. «Nella mia diocesi – riferisce monsignor Russo – abbiamo chiuso molte chiese. Per esempio, nella basilica di San Benedetto, a Fabriano, ancorato alla controfacciata c’è un cartiglio in gesso di cui si sono notati spostamenti: è possibile che si sia staccato dalla muratura ed evitiamo che le persone vi entrino prima di accertare il suo stato reale. A Matelica, Santa Teresa, Sant’Agostino e S. Francesco sono lesionate. In tutte le Marche vi sono centinaia di chiese monumentali inagibili. Ma nel complesso sembra che laddove la cura post 1997 è stata appropriata, questa abbia funto anche da prevenzione».

Ma la strada è lunga e la velocità con cui agisce il sisma è maggiore di quella con cui si risponde. «Siamo in attesa del necessario supporto del ministero dei Beni culturali per mettere in sicurezza gli edifici storici danneggiati» nota l’architetto Simona Massari che si occupa di beni culturali nella diocesi di Ascoli Piceno. «A disastro si somma disastro e la situazione dei beni ecclesiastici è drammatica. Nella chiesa di Casalena abbiamo notato che c’è il pericolo che cadano le campane. A Roccafluvione nella chiesa di S. Stefano l’abside è stata fortemente lesionata e lo stesso è avvenuto altrove. Vi sono affreschi storici che corrono seri rischi di essere perduti per sempre...».

Anche a Norcia il nuovo sisma ha aggravato la già preoccupante situazione delle chiese (su tutte la concattedrale di S. Maria e la basilica di S. Benedetto) la facciata della Madonna delle Grazie è crollata in parte, e si è aggravata la situazione della chiesa del Crocifisso e del monastero delle Benedettine di S. Antonio.

Stiamo parlando di edifici con secoli di vita, come mai proprio ora si danneggiano? «C’è un sommarsi di cause – spiega Salvatore Tringali, esperto di conservazione –. I muri sono composti da pietre e malta che le lega tra loro. Col tempo la malta si deteriora e rende meno coese le strutture. Da qui la loro crescente gracilità». Uno dei luoghi più colpiti è stato Camerino, città storica e centro universitario dove tra l’altro si svolge ogni estate un convegno internazionale sull’architettura urbana. «Per anni l’ho vista 'incamiciata' da impalcature mentre si ripristinavano gli edifici danneggiati nel 1997 – riferisce Caterina Parrello, che a Camerino si occupa delle relazioni pubbliche per i convegni estivi – e il consolidamento ha dato i suoi frutti». Lo conferma l’architetto Giovanni Marucci: «Ora il centro storico per cautela è disabitato. Ma le persone hanno tutte avuto il tempo di salvarsi. Le opere di consolidamento hanno lo scopo primario di proteggere loro, e questo obiettivo è stato raggiunto a Camerino...». Insomma, quando si prendono le dovute misure 'Fratel terremoto' fa sempre paura, ma con pazienza e sapienza può essere addomesticato.

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