mercoledì 24 gennaio 2018
Monsignor Cibotti sulle denunce di un giovane per fatti di 17 anni fa: grazie a quanti aiutano a fare chiarezza, per amore alla verità e alla giustizia.
Una veduta di Isernia

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C'è tutta la sofferenza di un pastore nelle parole del lungo comunicato stampa diffuso da monsignor Camillo Cibotti, vescovo di Isernia-Venafro, con il quale fa chiarezza su alcuni fatti che hanno visto coinvolti in vario modo sacerdoti della sua diocesi. «Le mie parole – scrive Cibotti – non scaturiscono in risposta al clamore mediatico che si è generato in queste ultime settimane; sono generate dall'amore per la giustizia e la verità».

Il clamore in questione era stato suscitato da alcune dichiarazioni apparse sui media locali che avevano riportato il coinvolgimento di alcuni sacerdoti diocesani con accuse di presunti abusi sessuali formulate da un giovane su un social network su fatti risalenti a 17 anni fa e che sono al vaglio della magistratura. «Vorrei che fosse chiaro – spiega il vescovo – che la Chiesa di cui sono padre nella fede e della quale mi sento figlio sceglie di stare senza se e senza ma dalla parte delle vittime e di trattare secondo giustizia i responsabili».

«Seguendo l'esempio di papa Francesco – continua il presule – ho agito in comunione con lui. Perciò, ora posso dirlo a chiare lettere: a proposito dei fatti in questione anche se penalmente non ci fosse rilevanza, canonicamente siamo in dovere di prendere provvedimenti disciplinari, perché non possiamo accettare fraintendimenti. La mia scelta è stata chiara fin dal principio: ho cercato un costante confronto con la magistratura».

«Tuttavia – aggiunge – questo non mi impedisce di guardare con misericordia i sacerdoti coinvolti in queste vicende e i confratelli che hanno attraversato esperienze simili: la nostra fragilità non toglie nulla al Vangelo e alla sua capacità di servire la felicità della persona; la nostra fragilità non impedisce a Dio di operare cambiamenti e conversione anche nel cuore di chi sbaglia».

Per questo monsignor Cibotti chiede perdono «a nome di tutta la Chiesa diocesana a chi soffre nel presente e a chi ha un passato di profondo dolore, alle singole persone e alle loro famiglie, alle comunità parrocchiali coinvolte in vario modo». Ma non manca anche di ringraziare «quanti aiutano a fare più trasparenza, per amore alla verità e alla giustizia e per tutto il bene che silenziosamente e umilmente viene compiuto».

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