giovedì 16 novembre 2017
Il nuovo piano esclude altre chiusure. Anci: atti concreti. Uncem: fare di più
Apertura delle Poste sulle consegne nei piccoli Comuni
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Il postino tornerà (gradualmente) a suonare, anche nei paesi più piccoli: magari non due volte nello stesso giorno, come vorrebbe la letteratura popolare, ma almeno 5 giorni la settimana (secondo una direttiva europea dell’anno scorso). Poste Italiane infatti non ha in previsione chiusure, tagli e riduzione dei servizi nei Comuni con meno di 5mila abitanti.

Ed è la la prima risposta concreta che Matteo Del Fante, da un semestre amministratore delegato di Poste Italiane, offre alla legge sui piccoli Comuni recentemente approvata dal Parlamento. Martedì in audizione con le Commissioni Ambiente e Trasporti della Camera l’ad ha presentato infatti il nuovo piano della società, che esclude chiusure e rimodulazioni orarie degli uffici postali nei cosiddetti «piccoli Comuni».

Esulta dunque Massimo Castelli, coordinatore del settore per l’Anci, e lo esplicita in una nota: «Questo è un risultato concreto. Lo stesso approccio dovrà ora essere portato avanti nel monitorare la qualità del servizio di consegna della posta a giorni alterni, tenendo conto delle direttive comunitarie su tale specifica moda-lità, valorizzando la capillarità delle rete postale e le potenzialità dei servizi in formato elettronico, offrendo al cittadino nuove opportunità e mantenendo la prossimità di uno dei servizi maggiormente sentiti sul territorio nazionale».

I piccoli centri costituiscono oltre il 60% degli 8mila Comuni italiani e in essi il servizio postale ha sempre avuto anche una funzione di visibilità e di presidio dello Stato, in particolare nelle aree montane e interne di cui è caratterizzato il Belpaese. La recentissima legge Realacci che li riguarda, tra l’altro, prevede la possibilità che i Comuni o le frazioni non serviti dal postino possano stipulare con Poste italiane apposite convenzioni per pagare imposte comunali, tasse, bollette e vaglia presso gli esercizi commerciali. Oppure i piccoli Comuni stessi possono istituire centri multifunzionali in forma associata per garantire queste ed altre prestazioni essenziali, servizi postali compresi.

Una piccola rivoluzione che sembra invertire il senso della sperimentazione, avviata due anni or sono, di distribuire la posta a giorni alterni in numerose località. In tal senso la saluta anche il presidente Uncem (Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani) del Piemonte, Lido Riba: «È molto importante la presa di posizione di Poste Italiane di ieri. Però l’azienda deve fare di più; deve fare come chiedono da diversi anni i sindaci, cioè intervenire anche nei Comuni dove i tagli sono già stati fatti, dove i servizi di distribuzione sono stati portati a 10 giorni su 30 al mese, dove gli uffici postali sono aperti solo due o tre giorni la settimana, dove i postini vengono sostituiti ogni tre mesi e dove i giornali o le raccomandate non arrivano più. Poste deve riconquistare la piena fiducia degli amministratori locali».

Uncem ha già proposto all’azienda un piano di interventi (nuovi Postamat, servizi di tesoreria per i Comuni, operatori polivalenti, collaborazioni con le Pro Loco per portare servizi turistici e promozionali...) condiviso con i territori rurali e montani, dove peraltro le Poste raccolgono moltissimi libretti di risparmio e conti postali. Proprio per questo – fanno osservare però Nicola Di Ceglie, segretario nazionale Slc Cgil e Claudio Solfaroli Camillocci, segretario nazionale Uilposte – non è credibile puntare solo sull’informatizzazione: «Si rischia di far perdere all’azienda quell’elemento di vicinanza ai cittadini, clienti e risparmiatori, che soltanto la presenza capillare sul territorio garantisce».

I soldi da investire potrebbero anche esserci: l’azienda Poste conta su 600 milioni di euro di utili l’anno e recentemente ha acquisito una commessa da Amazon, il colosso americano dell’e-commerce, per conto del quale effettuerà oltre il 40% delle spedizioni nazionali, con 1500 assunzioni a tempo determinato.

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