«Quei
varcuni sono un problema: bisogna toglierli dal porto, prima che capiti il marrobbio. Altrimenti, sarà un disastro». Non c’è pescatore lampedusano che non si agiti nella stessa frase, la stessa preoccupazione.I
varcuni sono i barconi dell’esodo, di ferro e legno, che hanno trasportato gli immigrati che partono dalle coste della Libia. La loro corsa finisce dove c’è ancora posto per una cima che li attraccherà, uno al fianco dell’altro, come dei cavalli sfiniti dalla fatica al termine di una gara sfibrante, al molo Favarolo di Lampedusa. Per quelli che sono stati tolti dall’acqua e deposti, abbandonati su un fianco, nel cimitero delle barche, che s’è venuto a comporre nello spiazzale che sta accanto al campo sportivo, c’è pure un servizio di guardia dell’esercito.Più o meno ne sono arrivati 350 circa dall’inizio dell’anno, e oggi di questi
varcuni se ne contano 240. Se non bastasse, ci sono anche quei due grandi pescherecci con le scritte in arabo naufragati sugli scogli, l’ultimo è stato il dramma, con tre morti, di una settimana fa, che giacciono come balene morte, a destra e sinistra dell’imboccatura del porto di Lampedusa, e come se si fossero messi d’accordo tra loro, segnalano a chi viene dal mare che: «Siete a Lampedusa».«È logico che, in una situazione come la nostra, quando in porto arrivano i barconi con centinaia di migranti, prima si pensa all’assistenza verso la gente e poi alle barche. Ma il fatto è che giorno dopo giorno, di barche se ne sono accumulate tante. Quasi tutte male ormeggiate e molte andate a fondo. Tutto ciò avviene nel porto dove noi pescatori dobbiamo lavorare, manovrare, fare rifornimento, salpare. E non è semplice quando il mare è mosso. Ma non è questo il problema più stringente: il fenomeno del marrobbio e il vento di Libeccio, potrebbero causare danni ingenti. Senza mettere in conto quelli ambientali per perdite di olii, vernici e gasolio», spiega Piero Billeci, presidente Associazione pescatori lampedusani: una piccola flotta di 160 pescatori e 87 pescherecci, con già tanti problemi cui resistere ogni giorno.Potrebbe capitare che il forte vento di Libeccio entrando di filata nel porto, con tutte quelle barche fradice d’acqua, che galleggiano male, ormeggiate male, inneschi un effetto frullatore e addio barche da pesca. Ma il timore maggiore è il fenomeno del marrobbio, una forte escursione nell’altezza dell’acqua in pochi minuti, che accade sempre tra maggio e giugno, con una velocissima bassa e alta marea. «Più semplicemente il porto si svuota d’acqua con il conseguente trascinamento dei navigli verso l’esterno, lo strappo delle cime – spiega Piero Billeci – e quasi immediatamente tutto viene poi ributtato dentro». Un macello, come quando si butta qualcosa dentro un sacco alla rinfusa. Un risultato da piccolo tsunami. Billeci, che aveva proposto di affondare i varcuni in zone ben precise in alto mare, per creare tane per i pesci, si era sentito rispondere che: «Non è possibile, perché le barche sono fatte anche con materiali inquinanti, come le vernici e vanno smaltite in apposite discariche: ma quando vanno a picco nel porto, sotto gli occhi di tutti, non è la stessa cosa?», incredulo, osserva Billeci, che ha indirizzato alle autorità più d’una lettera con la richiesta urgente di provvedere allo sgombero delle imbarcazioni abbandonate e tutte sottoposte a sequestro penale.Qualcosa, comunque, si sta muovendo. Il porto sarà bonificato a giorni e i 240 barconi approdati a Lampedusa con il loro carico umano verranno ridistribuiti in altri porti italiani. È stato deciso nel corso di un incontro tra il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis e i funzionari del Ministero dell’Ambiente, della Protezione civile e delle Capitanerie di porto.