giovedì 12 settembre 2019
Il vescovo di Rieti spiega come è nata l'idea di piantare un albero per ogni italiano. «Le scelte quotidiane diventino motore del cambiamento»
Pompili: la distruzione del pianeta genera ingiustizia, governi ascoltino
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Le scelte quotidiane come testimonianza del cambiamento. Ecco perché per il vescovo di Rieti Domenico Pompili, tra i promotori dell'appello delle Comunità Laudato si', «l'approccio ecologico non va distinto da quello sociale».L'appello è una chiamata alla responsabilità a tutti i livelli.
Come è nata l'idea?
È nata ad Amatrice, quando Carlo Petrini venne a trovarci dopo il terremoto. La distruzione del 24 agosto 2016 ha imposto un tema
non aggirabile: il rapporto tra uomo e ambiente. Ci ha messo di fronte alle ragioni della "Laudato si'" di papa Francesco, che invoca una diversa relazione con la natura. Per questo abbiamo cercato un modo per trasformare in azione il pensiero dell'enciclica. Le Comunità Laudato si' sono proprio questo. Iniziative dal basso che hanno suscitato l'interesse di molti intellettuali di prim'ordine, diventati parte attiva del movimento. Tra loro c'è anche Stefano Mancuso, uno scienziato che ha chiara la connessione tra il mondo
vegetale e la salute del pianeta. È insieme a lui che abbiamo pensato di piantare milioni di alberi.
L'appello invita a una svolta ambientale il mondo imprenditoriale. Si può arrivare davvero all'economia circolare?
La conquista di una diversa economia è imposta dalla necessità di evitare l'autodistruzione. Oggi in tanti si sono accorti che l'interesse privato non si risolve naturalmente nella felicità pubblica. È ormai chiaro che la responsabilità delle imprese non può ridursi al solo accrescimento dei profitti. Persino a Wall Street è stata annunciata una svolta etica. Forse è solo una foglia di fico, ma se ne parla perché qualcosa di profondo, soprattutto tra i giovani, sta cambiando.
L'Asvis lancia Saturdays for future. Può essere un inizio?
Fa ben sperare. Ma non bastano queste campagne per cambiare le cose, bisogna che vengano prese sul serio non solo dai giovani ma dagli adulti, dai governi, dalle istituzioni, dal mondo scientifico. Diversamente si rischia di far rimanere queste iniziative come azioni che fanno capo all'idealismo giovanile. Penso che "Saturdays for future" vada rilanciata, affinché si attuino le debite conseguenze.
Conte nel discorso al Parlamento ha parlato di svolta ambientalista e sviluppo sostenibile. Quali sono le azioni che il nuovo esecutivo potrebbe mettere in campo?
La scelta di individuare nei temi ambientali il punto di congiunzione tra i due partiti che sostengono il neonato governo fa pensare. Si affronta così il nodo centrale, perché migrazioni, carestie, guerre e catastrofi naturali dipendono spesso, in modo diretto o indiretto, dal riscaldamento globale. Qualsiasi altro problema, paragonato a questo, diventa irrilevante. La politica può fare molto: guidando le scelte industriali e sostenendo con leggi specifiche i necessari cambiamenti nello stile di vita dei cittadini. Ma queste cose richiedono tempo: gli alberi si possono piantare subito a costi irrisori e contribuiscono a un'immediata riduzione dei livelli
di Co2, tra i principali indiziati del riscaldamento globale.

Il Papa ha parlato più volte di interconnessione tra giustizia sociale e ambiente, due parole chiave per salvare la Madre Terra. Come vanno declinate?

Per aprire davvero una fase nuova occorre che l'approccio ecologico non sia distinto dall'approccio sociale, bisogna cioè imparare a integrare la giustizia nelle discussioni sull'ambiente: ascoltare tanto il grido della Terra quanto il grido dei poveri. Quello del Papa è un discorso rigoroso che viene da lontano e contesta la specializzazione dei saperi: economici, scientifici, umanistici. Anzi, afferma che distruzione del pianeta, guerre, migrazioni, cultura dello scarto, disprezzo per la vita e violazione dei diritti sono strettamente interconnessi. Come è emerso chiaramente anche nel viaggio appena concluso in Africa.

L'obiettivo del vostro appello è allargare la buona pratica a livello mondiale. L'Amazzonia, ancor più dopo gli incendi che l'hanno devastata, avrebbe bisogno di nuovi alberi. Cosa può fare ognuno di noi per salvarla?
Lasciare che l'indignazione e la rabbia lascino il passo alla domanda sulla nostra complicità. Quando diamo la colpa a un'economia
che uccide, non ci rendiamo conto che essa non è altro da noi. Il Forum delle Comunità Laudato si' di quest'anno era centrato proprio sull'Amazzonia. L'obiettivo è: unire alla rivendicazione la testimonianza, attraverso le scelte di vita quotidiana.
Il tema ambientale è strettamente legato alla ricostruzione post sisma. Quale messaggio lanciare per la rinascita di questi territori?
Quella del centro Italia è una terra ferita, che attende da troppo tempo di essere rigenerata più che ricostruita. Ad Amatrice nei
prossimi anni verrà edificata la "Casa del Futuro": un complesso di 18mila metri quadrati che ospiterà anche un Centro Studi dedicato all'ecologia integrale. Questo è il messaggio che si intende lanciare: non basta ricostruire le case se non cambia il nostro approccio alla realtà, specie quando si tratta di far rivivere le cosiddette "aree interne" del Paese.



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