mercoledì 28 settembre 2022
Fedele alla "regola del silenzio", la leader fa la spola fra Camera e la sede di Fdi, dove incontra il forzista Tajani. Una delegazione di Fdi al Mef per un confronto sulla situazione economica
Futura premier. Giorgia Meloni

Futura premier. Giorgia Meloni - Ansa

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«Non c’è niente da dire, lavoriamo per l’Italia...». È la laconica risposta del coordinatore forzista Antonio Tajani all’uscita dal quartier generale romano di Fratelli d’Italia, dopo un lungo incontro con la presidente Giorgia Meloni, che ha dato il via alle "consultazioni" con gli altri leader del centrodestra in vista di un possibile incarico a formare il governo. E a fine giornata, quella dell’azzurro Tajani è la sola dichiarazione a fuoriuscire dagli uffici di via della Scrofa, dove la tassativa consegna del silenzio e il low profile adottato dalla leader vengono rispettati da tutti, dai big del partito fino all’ultimo centralinista. Solo un tweet, sulla rete social del partito, ribadisce: «Al lavoro per l’Italia, noi parleremo con i fatti», con l’aggiunta di un «pronti a governare».

Senza concedere nulla ai cronisti assiepati fuori e al circo mediatico dei tg, la presidente di Fdi ieri ha fatto la spola tra il suo ufficio alla Camera dei deputati e la sede nazionale di Fdi. Lì, prima di incontrare Tajani, ha avuto diverse riunioni con lo stato maggiore del partito, raccogliendo valutazioni sulla linea da concordare nei primi snodi cruciali della 19esima legislatura: dall’elezione del presidenti delle Camere alla formazione del nuovo esecutivo. Punti sui quali si è poi confrontata con il coordinatore nazionale di Forza Italia, che in serata ha riferito al Cavaliere. Dal canto suo, la presidente di Fdi ha lasciato la sede da un’uscita laterale, salendo in macchina senza rilasciare dichiarazioni. Nella sua agenda, non ci sarebbero eventi pubblici fissati fino al 10 ottobre.

Fonti del centrodestra assicurano che, pur senza particolare fretta, Fdi stia già ragionando su una rosa di personalità di alto profilo fra cui individuare i candidati a ruoli di governo, con un’attenzione particolare per i ministeri economici e per quelli di Esteri, Interno e Giustizia.

Nel frattempo, la prima urgenza politica sul tavolo è rappresentata dalla Nadef, la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, attesa in Consiglio dei ministri giovedì. La nota dovrebbe contenere solo un quadro tendenziale, mentre l’effettiva programmazione toccherà all’esecutivo entrante. Le previsioni del Mef indicano una prospettiva di crescita sotto l’1%, che comporterebbe circa 20 miliardi in meno di capacità di spesa.

Ieri una delegazione di Fdi è stata in via XX settembre per un confronto coi tecnici del Tesoro. Prima del voto, Meloni si è detta contraria a ulteriori scostamenti di bilancio (in continuità con quanto sostenuto dal premier uscente Mario Draghi). Resterebbe dunque da vedere come sostenere gli interventi per contenere gli effetti della crisi energetica e alleggerire il caro-bollette.

E, sempre in coerenza con quanto affermato dal centrodestra prima delle elezioni, per recuperare risorse nella prima manovra potrebbe essere fortemente «rimodulato» il reddito di cittadinanza (che potrebbe essere ritirato ai beneficiari già al primo rifiuto dell’offerta di lavoro). Anche su questo, da Fdi non arriva nessun commento di giornata, né possibili proposte. Ma è Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, a confermare: «L’emergenza bollette è da affrontare immediatamente – argomenta –. Giorgia Meloni, una volta ricevuto l’incarico, saprà trovare la cifra che unisce tutte le forze della coalizione per portare al voto un provvedimento».




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