giovedì 11 novembre 2021
Dopo la fuga da Kabul Mareya Bashir, coraggiosa procuratrice di Herat e bersaglio dei fondamentalisti, riceve la cittadinanza «per meriti speciali». Cartabia: si è battuta per i diritti delle donne
L'abbraccio tra la ministra Cartabia e la magistrata afghana Bashir

L'abbraccio tra la ministra Cartabia e la magistrata afghana Bashir - .

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Per volontà del Consiglio dei ministri e grazie a un decreto del capo dello Stato, la coraggiosa magistrata afghana Mareya Bashir non è più una rifugiata, ma una cittadina italiana. Era arrivata in Italia il 9 settembre, dopo una fuga rocambolesca iniziata ad agosto a Kabul, poche ore prima dell’ingresso dei Taliban nella capitale afghana, approfittando della validità del visto turco sul passaporto. Da Ankara si era messa in contatto con l’ambasciata italiana che le aveva rilasciato un visto Schengen. A Fiumicino l’aveva accolta con un abbraccio la Guardasigilli Marta Cartabia. E adesso, per decisione del Consiglio dei ministri e grazie a un decreto del capo dello Stato, Mareya Bashir, coraggiosa magistrata afghana, ha ricevuto la cittadinanza italiana per meriti speciali: «Sono grata dal profondo del cuore al presidente della Repubblica e al ministro della Giustizia – fa sapere lei stessa, ancora emozionata, dopo la decisione del Cdm –. Spero di poter lavorare di più per le donne afghane, con l’aiuto degli amici italiani».

L'impegno per aiutare le spose-bambine e l'attentato nel 2007

Nata a Kabul nel 1970, Bashir si è opposta alle prepotenze degli integralisti sin dal 1996, quando era pm presso la procura generale. Costretta dagli integralisti a lasciare il lavoro e a fare la casalinga, ha reagito organizzando in cantina (fino al primo crollo del regime, nel 2001) una scuola clandestina per la figlia Yasaman e per le bambine del vicinato. Un’attività repressa dai fondamentalisti con ripetute irruzioni e con l’arresto di suo marito. Col ritorno della democrazia, è diventata procuratrice di Herat. E fra il 2006 e il 2015 si è battuta contro la corruzione e contro abusi come i matrimoni forzati fra anziani e spose-bambine di 9-10 anni, in applicazione della legge costituzionale afghana (che prevede per le nozze l’età minima di 16 anni). Un impegno che nel 2007 l’ha resa bersaglio di un attentato davanti alla porta di casa, in cui sono state ferite due guardie del corpo. «Si è sempre battuta per la costruzione dello stato di diritto e per la libertà e l’eguaglianza delle donne in Afghanistan», ricorda la ministra Cartabia. E conferendole la cittadinanza, conclude la Guardasigilli, «l’Italia vuole manifestare vicinanza a tutte le altre donne afgane, che continuano a lottare per i propri diritti, pagandolo a caro prezzo».

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