venerdì 12 maggio 2017
Torna l'incubo anarchici. Sospetti sui reduci della Federazione anarchica informale. Secondo gli 007, gli insurrezionalisti ritengono la compagnia aerea delle Poste "complice delle espulsioni"
Le ipotesi: anarchici contro i rimpatri degli irregolari
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Tra le ipotesi di lavoro degli inquirenti romani che indagano sull'ordigno esploso in via Marmorata vi era anche quella che fosse radiocomandato. Una possibilità poi esclusa quando è stato rinvenuto "un temporizzatore che ha dato l'innesco a una bottiglia di benzina", ha spiegato il dirigente di Polizia di Stato Massimo Improta. Un "timer per uso da cucina", che per un verso conferma che si trattava di una bomba artigianale e per l'altro fa crescere i timori di nuove azioni di questo genere, considerato che l'artificiere ha mostrato di saper confezionare un ordigno a basso costo e alto impatto con materiali di facile reperibilità. Tuttavia, la deflagrazione ha fatto più paura che danni. Inoltre sarebbe stato adoperato del carburante, fino ad ora poco utilizzato dalle sigle insurrezionaliste.

Sebbene sia prematuro formulare ipotesi, gli uomini dell’antiterrorismo stanno vagliano la possibilità che possa essersi trattata di un’azione di matrice anarchica, forse condotta anche da un singolo "lupo solitario". La Federazione anarchica informale, dopo quindici anni di attacchi con esplosivi, è stata smantellata nel settembre scorso, ma alcune teste calde sono rimaste nell’ombra. I magistrati di piazzale Clodio attendono una informativa da parte delle forze dell'ordine intervenute. Nessuno, infatti, se la sente di escludere un attacco specifico, di matrice criminale, legato magari a una serie di servizi che Poste Italiane ha esternalizzato.

Ma c'è un'altra pista, corroborata da una serie di episodi recenti. Poste italiane almeno dalla metà del 2016 è uno degli obiettivi dell'offensiva anarchica contro i Cie: l'azienda, proprietaria di una compagnia aerea impegnata nel rimpatrio dei migranti, viene infatti ritenuta "complice del meccanismo di espulsione degli stranieri irregolari". È quanto segnalano gli 007 nella loro ultima "Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza", rimandando alla presenza - su un sito web d'area - di "un opuscolo contenente l'elenco delle imprese coinvolte nella macchina delle espulsioni": esattamente un anno fa, quell'elenco viene aggiornato e da allora le azioni vandaliche contro le Poste si alzano di numero e livello.

Gli investigatori della Polizia di Stato stanno lavorando sulle possibili analogie tra l'episodio di questa mattina in via Marmorata, a ridosso di un posteggio interno delle Poste Italiane, e uno avvenuto di recente, sempre a Roma, e con obiettivo ancora le Poste, in via Laurentina. Al momento - hanno spiegato gli agenti - non c'è certezza di un collegamento, ma una serie di elementi, tipo di ordigno e anche l'obiettivo, assieme al fatto che si sia trattato di atti dimostrativi, indurrebbero a pensare a un collegamento.
Gli esami di laboratorio da parte della Polizia Scientifica punteranno a verificare se i reperti recuperati nelle due circostanze abbiano o meno elementi in comune, ovvero se si possa parlare di un'unica mano capace di assemblare pezzi che poi con un temporizzatore innescano l'esplosione e l'incendio di liquido infiammabile.



Nel settembre 2016 il ritrovamento nel Torinese di materiale necessario per costruire un ordigno aveva confermato, secondo gli investigatori dell’antiterrorismo, l'intenzione degli anarchici del Fai (Federazione anarchica informale) di preparare nuovi attentati. Un rischio paventato nei giorni scorsi dagli esperti dell'antiterrorismo e confermato per altro dagli appelli alla solidarieta' con gli indagati diffusi su alcuni siti web di riferimento dell'area anarchica. "La solidarietà come la intendiamo noi - si legge in
uno di questi siti - è quella che si fa azione, il continuare a portare avanti gli attacchi e le pratiche per le quali i compagni sono stati arrestati". L'obiettivo era uccidere carabinieri e poliziotti. Ma se moriva anche un passante, un vigile del fuoco o un soccorritore del 118, pazienza: erano semplici vittime collaterali della guerra "contro lo Stato e il capitale". Ragionavano così, secondo gli inquirenti, gli anarchici della Fai quando seminavano le bombe facendo in modo che esplodessero a pochi minuti l'una dall'altra: il primo scoppio serviva ad attirare le forze dell'ordine, il secondo a spargere terrore e sangue. Furono due gli attentati costruiti in questo modo: nel 2006 vicino alla Scuola Allievi Carabinieri a Fossano (Cuneo), nel 2007 in un'isola pedonale nel più elegante quartiere di Torino, la Crocetta.


Gli arresti furono sette, otto indagati a piede libero e trenta perquisizioni in tutta Italia. Quella romana restava comunque una piazza calda. Da allora le acque si sono calmate. E oggi si parla di “quiete strategica”. A partire dal 2003 la Fai ha rivendicato una cinquantina di azioni. Ci sono stati i pacchi-bomba ai politici (Romano Prodi, Sergio Chiamparino, Sergio Cofferati), alle forze dell'ordine (la questura di Lecce, la sede dei carabinieri del Ris a Parma, la polizia municipale a Torino), ai giornalisti, a Equitalia, ad alcune aziende private. E c'è stato l'attentato a Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo, ferito a Genova nel 2012. Campagne contro "le strutture del potere", i Cie, le nuove tecnologie, la ricerca sul nucleare, rivendicate talvolta da sigle irriverenti: Comitato Pirotecnico, Rivolta anonima e tremenda, Cooperativa artigiana fuoco e affini. Tutte emanazioni del network anarchico "informale".

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