venerdì 25 giugno 2010
Pronte le linee guida che verranno firmate dal ministro della Salute Ferruccio Fazio. Roccella: «Evitare che l’uso della pillola possa ridurre le garanzie e l’attenzione al problema dell’aborto». Il ministero: le Regioni si adeguino.
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Puntano sull’evidenza scientifica e sull’assunzione di responsabilità verso la salute della donna le linee guida per l’utilizzo della pillola abortiva Ru486 elaborate dalla Commissione istituita presso il ministero della Salute. Le principali prescrizioni, che verranno inviate alle Regioni la prossima settimana, ha fatto sapere il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, riguardano la disponibilità della donna al ricovero ordinario e l’esclusione delle minorenni dalla possibilità di ricorrere all’aborto farmacologico senza il consenso dei genitori, nonché – in caso di donne straniere – l’accertamento della piena comprensione linguistica della procedura.«Abbiamo concluso il percorso di indicazioni sull’uso della pillola Ru486 – spiega Eugenia Roccella – che invieremo alle Regioni. Ci siamo mossi all’interno di due punti fermi: i tre pareri del Consiglio superiore di sanità (nel 2004, 2005 e 2010, ndr), in sui si è ribadito che la pillola va presa in regime di ricovero ordinario, e il parere dato del ministro Maurizio Sacconi all’Unione europea sulla compatibilità del farmaco con la legge 194». La commissione istituita al ministero della Salute, che ha iniziato i lavori in aprile, ha quindi confermato le indicazioni più volte ripetute che sottolineano come la procedura dell’aborto farmacologico, per rispettare il dettato della legge 194 e per garantire la salute della donna, debba avvenire in ospedale fino all’avvenuta espulsione del feto. Le linee di indirizzo ribadiscono che l’utilizzo della pillola abortiva può essere concesso fino a 49 giorni di amenorrea (come già prescritto dall’Agenzia italiana del farmaco) e aggiungono che nel consenso informato che deve essere compilato e sottoscritto deve essere compresa la disponibilità al ricovero ordinario fino al completamento della procedura e quella a effettuare il controllo a distanza di tempo, entro 14-21 giorni dalla dimissione. Cruciale quindi è la compilazione del consenso informato, che deve sconsigliare il ricorso alle dimissioni volontarie della donna una volta assunta la prima pillola per procedere all’aborto. Commenta Eugenia Roccella: è importante che «chi firma il consenso informato si assuma l’impegno di seguire tutta la procedura, e quindi che accetti di rimanere in ospedale, perché si accettano le indicazioni del Css che prescrivono il regime di ricovero ordinario. Il che non vuol dire ricovero coatto. È un’indicazione di ragionevolezza che Regioni, Asl, medici e direzioni sanitarie devono tenere in considerazione». La commissione ministeriale (presieduta da Fabrizio Oleari, direttore generale Prevenzione sanitaria, e composta dai dirigenti ministeriali Filippo Palumbo, Rossana Ugenti, Lucia Lispi, Giovan Battista Ascone, Sara Terenzi; dagli esponenti dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali Fulvio Moirano e Bruno Rusticali e dal comandante dei Carabinieri per la tutela della salute (Nas), generale Cosimo Piccinno) ha indicati «i punti irrinunciabili del protocollo operativo – aggiunge Eugenia Roccella – che le Regioni saranno libere di applicare secondo i propri criteri». Tuttavia se le Regioni non dovessero o volessero seguire queste linee guida, «credo che andranno incontro a criticità amministrative, di monitoraggio e sicurezza sanitaria – chiarisce il sottosegretario – Ci diamo un anno per verificare quale sarà la situazione effettiva dell’uso della Ru486». A questo scopo, infatti, già in maggio la commissione aveva inviato alle Regioni il modello per il monitoraggio dell’aborto farmacologico, per avere una raccolta dati il più possibile completa, in vista anche del fatto che sull’interruzione volontaria di gravidanza è prevista ogni anno una relazione del ministro della Salute al Parlamento. Conclude Eugenia Roccella: «Con queste linee di indirizzo il ministero della Salute vuole evitare che l’uso della pillola abortiva possa ridurre le garanzie e l’attenzione che il nostro Paese ha sempre dedicato al problema dell’aborto. Bisogna far capire alle donne che è necessario rimanere in ospedale per tutte le procedure e su questo chiedo la collaborazione delle Regioni e dei medici».
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