sabato 31 gennaio 2015
Dopo le perplessità dell'Agenzia italiana del farmaco, anche i medici della Sigo chiedono che resti l'obbligo della ricetta.
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Ci sono i dibattiti sul bene e il male, le questioni di principio e quelle di politica, i diritti e le libertà da garantire. E poi ci sono i fatti. Scienza e medicina si basano ancora su questi: così succede che – nonostante dall’Europa arrivi l’ordine di dispensare un farmaco come la pillola dei 5 giorni dopo senza ricetta, come una semplice aspirina – la comunità scientifica italiana faccia sentire la sua voce.  L’Agenzia del farmaco (Aifa) aveva espresso già molte perplessità nei giorni scorsi: «Nessuno dice che ben 11 Paesi dell’Unione hanno sollevato dubbi e critiche sulla decisione di Bruxelles», erano state le parole del direttore Luca Pani. La pillola in questione d’altronde – venduta col nome di EllaOne – non promette certo di far passare il mal di testa: la si assume fino a 5 giorni dopo un rapporto sessuale non protetto per evitare l’instaurarsi di una gravidanza indesiderata. “Contraccezione d’emergenza” la chiama chi vorrebbe sminuirne l’effetto, che peraltro è assicurato: che quella gravidanza si sia instaurata o no, la pillola funziona, cancellando l’“errore”. Proprio per questo motivo nel nostro Paese, oltre che una prescrizione, si richiede che all’assunzione del farmaco si accompagni un test di gravidanza negativo: la pillola, altrimenti, causerebbe un aborto e la favola della contraccezione verrebbe meno.  Ora ad alzare le barricate contro la decisione dell’Europa e a ricordare tutti i rischi della liberalizzazione di EllaOne sono i ginecologi italiani. Non quelli – e sono già a migliaia – aderenti all’Associazione dei medici cattolici (Amci), ma alla ben più laica Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). «Qui non si tratta di dire ciò che è giusto o sbagliato – esordisce determinato il presidente della Sigo Paolo Scollo, ginecologo e direttore del Dipartimento Materno-Infantile dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania –. Le donne, e in particolar modo quelle giovani, devono parlare con un medico quando si trovano in una situazione simile. Ci riempiamo continuamente la bocca di discorsi sulla responsabilità procreativa e sulla necessità di un’educazione sessuale adeguata e poi perdiamo l’occasione di entrare in relazione con le donne proprio quando sono più sensibili e recettive su questi temi, cioè quando temono di essere incinte? Sarebbe uno sbaglio madornale e se l’Europa ha deciso di compierlo noi non dobbiamo certo seguirla».  Prevenzione, dunque, non morale «per evitare che ci sia una prossima volta». Per evitare, anche, che senza prescrizione medica le più giovani (e soprattutto le minorenni) possano finire in farmacia ad acquistare EllaOne dopo una volta al mese, «con tutti i rischi che l’abuso di simili farmaci comporta». I ginecologi, dunque, concordano con la posizione che secondo indiscrezioni sempre più insistenti anche la Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa avrebbe assunto, in attesa di un parere del Consiglio Superiore di Sanità. «La ricetta – aggiunge il presidente della Sigo – è un utile mezzo di controllo e l’Italia, mantenendo l’obbligo di prescrizione perlomeno sotto i 18 anni, farebbe un notevole passo avanti rispetto all’Europa». Netta la posizione dei ginecologi anche sulla necessità di mantenere l’obbligo del test di gravidanza: «Con i nuovi sistemi che abbiamo a disposizione esso non comporta nulla di difficile, è un problema che è stato ingigantito». Il test, anzi, «serve per riflettere e per fare una scelta ancora più consapevole ». Che non è certo quella di andarsi a comprare il “contraccettivo d’emergenza” da sole: un modo per rimuovere nelle donne la coscienza del proprio corpo, il significato della sessualità e il valore della vita che ne può scaturire.
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