giovedì 23 aprile 2015
​Sono 70.507 i profughi inseriti nel sistema organizzato dal nostro Paese. Il ministro Alfano ammette: alcune Regioni stanno facendo resistenza. Morcone: tutte le strutture sono piene.
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​Sono 70.507 i migranti ospitati al 20 aprile nel sistema di accoglienza, nei Cara e negli Sprar. A questi si aggiungono circa 13mila minori non accompagnati. Lo ha comunicato ieri il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, rispondendo al question time alla Camera ad un’interrogazione della Lega. Ma ha subito aggiunto la distribuzione sul territorio, con una notevole diversità a conferma di quello che il Viminale denuncia da mesi, cioé che «alcune regioni fanno resistenza, creano problemi, mentre gran parte del peso dell’accoglienza è sulle spalle di quelle del Sud». Per questo ora sono allo studio incentivi per i Comuni che accoglieranno i nuovi Sprar, i centri del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Anche perché, secondo le previsioni del Viminale, il flusso di migranti sarà tra 170 e 200mila. E se l’esperienza dice che il 50% va via all’estero, per tentare il ricongiungimento con le comunità di appartenenza, quelli che resteranno saranno comunque tanti. E proprio per questo é necessario superare le resistenze. Che non è possibile negare. I numeri forniti dai ministri parlano infatti chiaro. «È bene che gli italiani sappiano come queste persone sono distribuite: 21% in Sicilia, 12% nel Lazio, 8% in Puglia, 9% in Lombardia, 7% in Campania, 6% in Calabria, Emilia Romagna e Piemonte, 4% in Toscana e Veneto, 3% nelle Marche, 2% in Friuli Venezia Giulia, 1% in Abruzzo, Basilicata e Trentino-Alto Adige, poco più dello 0% in Val d’Aosta». Alfano assicura che «il nostro governo non ha lavorato in modo unilaterale, tant’è che il 10 luglio 2014, durante una seduta della Conferenza unificata Stato-Regioni, con la piena partecipazione decisionale degli altri livelli di governo, si è decisa una ripartizione equa tra tutte le regioni italiane». Una ripartizione che, ricordano al Viminale, doveva essere in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione e ai finanziamenti del Fondo sociale europeo. «Ciascuna regione – sottolinea ancora il ministro – ha codeciso di partecipare a questo sforzo grande di accoglienza. I risultati sono quelli che vi ho appena descritto». Parole che appaiono un’esplicita critica. L’accordo di nove mesi fa evidentemente non è stato rispettato se, come denunciano al ministero, «il carico maggiore è assolutamente e eccessivamente nelle regioni del Sud». Ma non si può andare avanti così, come ha spiegato sempre ieri il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, nel corso di un’audizione in commissione Affari costituzionali del Senato. «Siamo sotto pressione perché le strutture sono piene. Bisognerà quindi pensare ad un rilancio del sistema ragionando soprattutto coi Comuni. Tutti – ha aggiunto anche lui come il ministro – dovrebbero contribuire all’accoglienza dei migranti, ma per arrivare a questo risultato vogliamo intraprendere la strada del dialogo con i governi del territorio». Intanto i 450 migranti sbarcati ieri ad Augusta, in Sicilia, «andranno al centro e al centro-nord perché tutti devono partecipare all’accoglienza», ha annunciato Morcone aggiungendo che «non vogliamo imporre niente a nessuno, a condizione che ci sia con i territori un’interlocuzione». Sicuramente un accordo importante in questo senso è stato raggiunto ieri nell’incontro al ministero, presieduto dal sottosegretario Domenico Manzione, al quale hanno partecipato i rappresentanti dell’Anci che hanno commentato molto positivamente l’iniziativa. «Un passo avanti molto importante – ha sottolineato Matteo Biffoni, delegato Anci per l’immigrazione – con l’accoglimento e l’attivazione entro breve delle principali istanze sottolineate da Comuni e Regioni sulla questione dell’accoglienza». L’intenzione, ha aggiunto, «è uscire dall’emergenzialità» anche attraverso la costituzione di un tavolo di coordinamento nazionale tra governo, enti locali e regioni. Anche l’Anci, infatti, riconosce la «necessità di un riequilibrio sui diversi territori, con la Sicilia o Roma che ricevono carichi molto importanti e sproporzionati rispetto ad altre parti del Paese». Anche in vista del nuovo bando per gli Sprar che farà aumentare i posti disponibili da 20 a 40mila e che, spiegano al Viminale, «prevederà misure compensative per incentivare i comuni che aderiscono». Ma anche che chi ospita già un centro di accoglienza non ne avrà altri. Il Viminale, infine, ha assicurato un’iniziativa presso il ministero della Giustizia per abbreviare i tempi di valutazione dei ricorsi per il riconoscimento dell’asilo, che attualmente non sono mai inferiori a un anno e mezzo, che spesso si sommano ai sei mesi per la prima risposta, periodo nel quale al migrante deve essere comunque trovato un posto.
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