sabato 14 maggio 2016
Il ministro: un segnale nella Stabilità, troppo distratti dalle unioni civili.
Costa: «Più figli meno tasse è strada obbligata»
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«È il momento di un grande patto con le famiglie. Ne parlerò nei prossimi giorni con il ministro Padoan, serve un segnale per le famiglie numerose, in gran parte a rischio povertà, già nella prossima Legge di stabilità». Enrico Costa, ministro per gli Affari Regionali ha assunto la delega alla Famiglia da poco più di tre mesi. «Sin qui non sono mai riuscito, mediaticamente, a portare l’attenzione su questo tema. I fari erano tutti puntati sulle unioni civili. Ora, si può finalmente voltare pagina». La prima occasione per far valere il fattore famiglia è l’approvazione, prevista per giugno, del Social act, che prevede misure di contrasto della povertà. «Si dovrà tener conto dei carichi familiari - chiede Costa -. Il 30% delle famiglie con tre o più figli è sotto la soglia di povertà». La priorità numero uno diventa la denatalità. Ai primi di giugno sarò in Francia per parlare con il mio omologo in un Paese che questa inversione di tendenza l’ha posta in essere. Non è più rinviabile una strategia incisiva di intervento anche in Italia. I dati da noi, invece, sono sempre più impressionanti. Negli ultimi 6-7 anni le nascite sono diminuite di 100mila unità. Rispetto a 7 anni fa abbiamo 100mila culle vuote, l’equivalente di un capoluogo di provincia di media importanza. L’indice di fecondità delle donne è in calo, siamo a 1,35: c’è una tendenza, di fatto, verso il dimezzamento delle generazioni. L’età media delle mamme che ha superato i 31 anni. E c’è un altro dato su cui riflettere: i matrimoni sono diminuiti a un ritmo di oltre 50mila all’anno. I giuristi, in questi casi, parlano di indizi gravi, precisi e concordanti. Solo sostenendo la famiglia naturale si rilancia la natalità. Il matrimonio è sinonimo di stabilità e di radici per una coppia. C’è un aumento delle convivenze more uxorio, ma vediamo che esse presentano un indice di filiazione molto inferiore. È come se ci fosse poca fiducia nel futuro, che si traduce in minore voglia di un legame stabile, con ripercussioni sulla scelta di mettere al mondo dei figli. Come intervenire, allora? Innanzitutto sul metodo, occorre un disegno organico per aiutare le famiglie. Ci sono state varie misure  assunte negli ultimi anni, penso alla conciliazione famiglia-lavoro, alle politiche per assegni e detrazioni, l’aumento di flessibilità dei congedi parentali per figli minori, nel Jobs act, con l’innalzamento da 8 a 12 anni del limite di età del bambino. Ora nel Def abbiamo inserito una norma volta a far nascere il testo unico della famiglia. L’obiettivo è farne il punto di riferimento delle politiche sociali ed economiche del nostro Paese. Anche con interventi sperimentali, come il family audit: una tecnica di monitoraggio della conciliazione famiglia-lavoro che si sta sperimentando in Trentino, con la collaborazione di grandi aziende e professionisti esterni, e potrà essere estesa anche altrove. Ma ora urge una terapia d’urto, almeno per quei tre milioni di famiglie sotto la soglia di povertà. Propongo un patto con le famiglie. Nella consapevolezza che ogni euro investito per la famiglia ritorna con gli interessi nelle casse dello Stato in termini di crescita e sviluppo. Deve cessare l’idea che gli interventi per le famiglie creino deficit invece di sviluppo. È assurdo in questa denatalità che le famiglie numerose, citate dall’articolo 31 della Costituzione, debbano dare e non ricevere. Il disegno di legge delega Social act, che dovrebbe essere approvato entro giugno, prevede uno stanziamento nel 2016 di 600 milioni. È auspicabile, già a partire da esso, un’attenzione per i nuclei numerosi. Non si può pensare che le famiglie siano considerate delle somme di individualità. Il quoziente familiare non è la soluzione più equa ed efficace? È un principio di buon senso. Ma stiamo valutando con attenzione anche il 'fattore famiglia' proposto dal Forum delle famiglie, altre proposte fanno leva sulle detrazioni, ma tutto va inserito in una politica generale pro-famiglia. Mi batterò per questo, ma il mio è un ministero senza portafoglio: occorre un piano organico e compatibile di tipo complessivo. Sulle adozioni la delega è andata al ministro Boschi. Fin dall’inizio questa delega è a Palazzo Chigi, che ora l’ha assegnata alle Pari opportunità. Certo è una materia che si lega molto all’attività del mio ministero, ma ho molta fiducia nel ministro Boschi e sono certo che ci metterà il massimo impegno. Non può esserci il disegno, con la riforma, di sottrarre questo istituto alla famiglia? La legge sulle adozioni ha bisogno di un tagliando, ci sono tanti problemi da mettere a punto. Ma la priorità va data al bambino in stato di abbandono prima che ai soggetti che aspirano all’adozione. C’è una legge sulle unioni civili che non prevede le adozioni e sana la lacuna colmata sin qui dai Tribunali. Oggi non c’è più spazio per interpretazioni ed eviterei far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta.
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