venerdì 14 dicembre 2018
La donna, che lavora regolarmente in Italia, di ritorno da un periodo di vacanza ha denunciato che è stata trattenuta allo scalo per cinque giorni e rimandata a Cuba. Il suo permesso revocato
(Fotogramma d'archivio)

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La donna, che lavora regolarmente in Italia, ha denunciato d’essere stata messa in una stanza insieme ad altri 18 stranieri. Tra loro anche una giovane senegalese incinta Chiusa in una stanza senza finestre. Per cinque interminabili giorni. È gravissima l’accusa lanciata da Hanyi Figueras Pelaez, una donna cubana che sarebbe rimasta bloccata all’aeroporto di Malpensa perché, di ritorno da un periodo di vacanza nel suo Paese d’origine, il suo permesso di soggiorno era stato revocato.

La vicenda è stata raccontata dal Redattore sociale.

Arrivata con un volo diretto dall’Avana il 26 novembre, Hanyi è stata rimpatriata il primo dicembre a spese dello Stato italiano. E da Cuba ha voluto raccontare i suoi giorni da reclusa a Malpensa: «È un’esperienza che non auguro a nessuno. Gli agenti della Polizia sono stati gentilissimi, ma comunque era come stare in prigione. Anzi forse peggio».

Hanyi ha detto d’essere stata messa in una stanza con altri stranieri, tutti in attesa di essere rimpatriati. «Mi hanno concesso di fare due telefonate con il mio cellulare e poi me lo hanno sequestrato. 'Signora si scriva i numeri che vuole chiamare, perché ora il cellulare lo prendiamo noi' mi hanno detto.

Il motivo? Per evitare che facessi foto delle condizioni in cui eravamo rinchiusi». Nella stanza ci sarebbero dei telefoni a moneta. Mentre Hanyi era reclusa, dall’altra parte della barriera del controllo documenti c’erano due avvocati, Giulia Vicini e Federico Micheli, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e il suo compagno che chiedevano invano di incontrarla. I due avvocati erano lì anche per il caso analogo di una signora senegalese, incinta di tre mesi, che è stata rimpatriata sempre l’1 dicembre. «In cinque giorni non ho potuto cambiarmi né fare una doccia – ha detto ancora Hanyi –. Il bagaglio in stiva mi è stato riconsegnato qui a l’Avana. Quello a mano potevo invece aprirlo solo in presenza di un agente della Polizia di frontiera. Nel bagaglio a mano, però, non avevo un ricambio e quindi sono rimasta con quello che indossavo all’arrivo».

In quella stanza-cella senza finestre di Malpensa verrebbe rinchiuso ogni straniero che deve essere rimpatriato «C’è stato un momento in cui eravamo in 18, uomini e donne insieme – ha ricostruito la donna –. Si rimane lì in attesa del primo volo di ritorno disponibile. Quindi c’è chi ha aspettato solo poche ore e altri, come me, più giorni perché da Malpensa per alcune destinazioni partono voli solo una o due volte alla settimana. Per Cuba è due volte alla settimana». Dunque una detenzione la cui durata dipenderebbe dall’orario dei voli. L’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti ha sottolineato come la detenzione di una persona per oltre 48 ore deve essere convalidata da un giudice di pace. Per questo il Garante ha chiesto chiarimenti alla Questura di Varese sia sul caso della signora cubana che per quello della signora senegalese. Chiarimenti che per ora non sono ancora arrivati.

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