sabato 23 settembre 2017
La donna, 95 anni, si era sistemata in una casetta di legno a San Martino di Fiastra. La figlia Gabriella: per lei andare via vuol dire morire. E si rivolge anche al Papa
Peppina, 95 anni tra due mesi, vive a San Martino di Fiastra da settant'anni. Ora è sola, ma non vuole andare via

Peppina, 95 anni tra due mesi, vive a San Martino di Fiastra da settant'anni. Ora è sola, ma non vuole andare via

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«Ha continuato a ripetere, come un mantra, una litania che ci è entrata nel cervello e nel cuore: "Voglio morire a casa mia"». Una litania che, negli ultimi giorni, si è trasformata in una convinzione: «Mi porteranno via da casa mia solo in manette. O da morta».

A San Martino di Fiastra, in provincia di Macerata, Giuseppa Fattori, per tutti Peppina, che compie 95 anni tra due mesi, vive da sola: è l'unica rimasta lassù, a quota 732 metri. Gli altri abitanti hanno lasciato il paese, distrutto dal terremoto. Peppina fa ancora le tagliatelle a mano e non ha mai avuto paura dei cinghiali di notte. Non ha mai sofferto di solitudine, nella piccola frazione di Fiastra. «Chiacchierava col postino, con la badante, con la sorella di Camerino che ogni tanto andava a trovarla – racconta la figlia, Gabriella Turchetti – con l'addetto all'orto, con la badante, con l'infermiera. Mamma stava bene, lassù, con la sua vita. Desiderava tornarci e l'ha fatto». Peppina ha un amore viscerale per il suo paese. Nella casa di San Martino ci è entrata da giovane sposa, aveva appena 22 anni. Si è costruita la casetta da sola, o meglio, le figlie l'hanno fatta fare per lei e finalmente, dopo mesi in cui era stata ospitata a turno dai parenti, è tornata a vivere nel suo paese accanto all'abitazione dove ha trascorso la vita: ma sabato quella casetta fai da te è stata fatta sequestrare dalla magistratura perché priva delle autorizzazioni edilizie e paesaggistiche, e realizzata in zona a rischio sismico.


«Mia madre sarà pure frastornata in questo momento, ma non è depressa. Anzi è lucida, e determinata – sottolinea la figlia –. Sa esattamente cosa vuole. Io e mia sorella l'abbiamo ospitata a turno, diceva di stare in una prigione, dorata, ma pur sempre una prigione. Ci pregava, ci supplicava di riportarla a vivere a Fiastra. Un giorno addirittura, approfittando dell'assenza di mia sorella, si è fatta andare a prendere a Civitanova da una parente di Fiastra e si è fatta riaccompagnare in paese. Non sapevamo più che fare. E allora abbiamo sistemato il container, ma lì viveva in condizioni disastrose, senza neanche i servizi igienici e con 45 gradi, quest'estate». Ora si ragiona su una richiesta di sospensiva al Tar e su una sanatoria. Ma il tempo scorre, e a metà dicembre sarebbe prevista la demolizione della casetta di Peppina. Si ragiona anche sulla possibilità di un decreto legislativo che sani la situazione delle tante casette "abusive" sorte in seguito al sisma, un proliferare dovuto soprattutto al fatto che le casette "vere", quelle che in teoria sono per l'emergenza e che il governo avrebbe dovuto consegnare, ancora non si vedono.

La lettera al Papa

Un punto, Gabriella, vuole sia completamente chiaro: «Non denunceremo mai altre situazioni simili alla nostra, non scateneremo una guerra tra poveri, non denunceremo persone che stanno soffrendo e che, tolta la casetta, soffrirebbero ancora di più. Però gli anziani come mia mamma fanno presto a morire, se vengono sradicati dal loro territorio». La donna ha scritto anche una lettera-appello a Papa Francesco: «Le scrivo perché so quanto abbia caro il tema delle periferie, quanto per lei, Santità, siano prioritarie le istanze degli ultimi, dei poveri. Io non sono povera, ho una bella famiglia, una casa, un lavoro, ma ora sono costretta a confrontarmi con quella periferia dell'Italia devastata dai terremoti, con una croce sulle spalle che da sola non riesco più a sostenere. Peppina è stata sfrattata dalla casetta di legno che noi figlie le abbiamo costruito per accontentare il suo struggente desiderio di concludere il cammino terreno vicino alla casa dove ha vissuto per 75 anni, distrutta dal terremoto».

«Le chiedo di pregare per me – continua la lettera rivolta al Papa –, aiutarmi a sostenere quest'impegno che ho preso con mia madre. Sono certa che la sua preghiera toccherà i cuori e illuminerà le menti di coloro che hanno la facoltà di risolvere quello che non è solo un mio problema, ma di tanti altri terremotati».


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