giovedì 28 ottobre 2010
Si tratterebbe di Lorenzo Narracci, ex funzionario del Sisde attualmente in servizio all’Aisi. Conferma anche da Ciancimino jr: l’agente incontrò il padre Vito, sindaco di Palermo colluso con la mafia. Il generale dei carabinieri Mario Mori, già sotto processo per favoreggiamento aggravato alla mafia, ora è accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa.
- Riesumata a Palermo la salma del bandito Giuliano
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Nuovi avvisi di garanzia e nuovi riconoscimenti, che potrebbero fare luce su uno dei momenti più oscuri della storia d’Italia. Ieri è stato un giorno di svolta nelle indagini sulle stragi del 1992. Nella sede della Dia di Caltanissetta, blindata, l’uomo-chiave del nuovo corso impresso alle indagini sull’attacco più violento sferrato da Cosa nostra allo Stato conferma la sua versione sull’attentato in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta e dà un volto a un uomo dei servizi segreti che sarebbe stato coinvolto nella strage.Ci sarebbe stato il funzionario dell’Agenzia per la sicurezza interna (Aisi) Lorenzo Narracci, indagato dai pm della Procura nissena nell’ambito dell’inchiesta, accanto all’auto-bomba che sventrò via D’Amelio. È stato riconosciuto da Gaspare Spatuzza, anche se come ha poi precisato in serata il procuratore capo di Caltanisetta Sergio Lari, lo stesso pentito ha espresso dubbi sul fatto che si trattasse del «soggetto estraneo a Cosa nostra visto nel garage, mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell’attentato al giudice Paolo Borsellino». Resta il fatto che a Spatuzza sono state mostrate più persone simili di aspetto, dietro a un vetro. Tra queste il funzionario dei Servizi, che da qualche tempo, dopo la notizia del suo coinvolgimento nell’inchiesta, è stato allontanato dal suo precedente incarico. Il pentito non avrebbe avuto esitazioni. Alla Dia Narracci, peraltro, è stato riconosciuto anche da Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, che da mesi racconta ai magistrati i retroscena sulla cosiddetta “trattativa” tra lo Stato e Cosa nostra. Per Massimo Ciancimino, Narracci è «l’uomo che in un’occasione incontrò il padre nella sua abitazione». Ma nel confronto diretto, Narracci ha negato di avere mai visto Ciancimino e suo padre. Dello 007 si sarebbe parlato anche in una delle ultime sedute del Copasir. Mentre è stato secretato il verbale dell’interrogatorio reso dall’agente dell’Aisi Rosario Piraino. È indagato per violenza privata aggravata dall’avere favorito Cosa nostra; in due occasioni, a Palermo e Bologna, avrebbe intimato, con toni minacciosi, a Massimo Ciancimino di non fare ai magistrati il nome di Silvio Berlusconi negli interrogatori.Ed è ancora sulla trattativa tra Stato e mafia che arrivano altre novità investigative clamorose. Ieri si è appreso che il generale dei carabinieri Mario Mori è indagato dalla procura palermitana per concorso esterno in associazione mafiosa. Mori è indagato con Massimo Ciancimino. Una lunga lista di nomi eccellenti nel registro degli indagati: i boss Totò Riina, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano, che rispondono del reato di attentato a corpo politico dello Stato, ma anche quello che era il braccio destro di Mori, l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. Le nuove accuse al generale Mori, già sotto processo a Palermo per favoreggiamento aggravato alla mafia, porterà una modifica del capo d’imputazione nel dibattimento in corso. Si aggrava, dunque, la posizione dell’alto ufficiale, che mostra però sicurezza: «Continuerò a difendermi nel processo – commenta – consapevole di avere soltanto combattuto la criminalità organizzata».Intanto, la procura di Palermo ha iscritto anche Massimo Ciancimino nel registro degli indagati per associazione mafiosa. È la conseguenza di quello che Ciancimino jr sta raccontando da due anni e mezzo e dimostra che i magistrati credono alle sue dichiarazioni. L’indagine, archiviata negli anni scorsi perché i pm sostennero che il figlio di “don Vito” agiva su indicazioni del padre e non era «pienamente consapevole che la sua attività si inserisse in quella più complessiva dell’associazione mafiosa», è stata riaperta a seguito delle nuove ammissioni del testimone.MORI SOTTO ACCUSA PER AVER TRATTATO CON CIANCIMINOSi aggrava la posizione del generale dei carabinieri, Mario Mori, nel processo che finora l’ha visto imputato per favoreggiamento aggravato alla mafia, ma in cui adesso dovrebbe essere giudicato per concorso esterno. L’alto ufficiale dell’Arma, ex comandante del Ros, e il colonnello dell’Arma Mauro Obinu, sono alla sbarra per la mancata cattura nel 1995 del boss di Cosa nostra allora latitante Bernardo Provenzano. Secondo la tesi dei pm di Palermo, Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, fu proprio Mori a intavolare un dialogo con Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo, che per conto dei boss corleonesi avrebbe dovuto trattare con le istituzioni per porre fine alla strategia stragista di Cosa nostra. Un processo, che si svolge davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Mario Fontana. Il 31 dicembre 1995 Bernardo Provenzano avrebbe potuto essere preso, ma il Ros dei carabinieri, ai cui vertici si trovavano gli imputati, non avrebbe sfruttato l’occasione. L’allora superlatitante sarebbe stato "agganciato" da Luigi Ilardo, il mafioso-spia che aveva già fatto catturare numerosi fuggitivi.
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