martedì 22 settembre 2015
Governo all'opera: lavoratrici via a 62-63 anni con un taglio del 10%.
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«Stiamo lavorando». Il ministro Poletti conferma che il cantiere sulle pensioni è stato riaperto: «Sappiamo che c’è da risolvere l’aspetto legato a uno scalino troppo alto, introdotto dalla legge Fornero, che blocca il turn over», ha spiegato il titolare del Lavoro, e «stiamo valutando opzioni e punti di equilibrio con il ministro dell’Economia Padoan». Sul tavolo due percorsi paralleli: uno riguarda le sole donne e prevede un’uscita dal lavoro a 62-63 anni con una riduzione dell’assegno intorno al 10%; una sorta di revisione dell’attuale «opzione donna» (l’uscita con il calcolo solo contributivo dai 57-58 anni) ora in scadenza. L’altra misura riguarderebbe i lavoratori che perdono il lavoro a pochi anni dall’età della pensione. In entrambi i casi l’assegno anticipato sarebbe ricalcolato, sulla base della speranza di vita, spalmando lo stesso importo sui maggiori anni di fruizione. Ieri anche Matteo Renzi è tornato sull’argomento affermando che sulle pensioni dare «più flessibilità è buon senso». Il premier ha detto di condividere la linea Padoan (il più cauto nel governo su questo dossier): i conti pensionistici non si toccano » ma, ha aggiunto il premier, «se esiste la possibilità» bisogna trovare una soluzione che «consenta forme più flessibili in uscita con un piccolo aumento dei costi nell’immediato che poi viene recuperato» successivamente.  Il rebus per ora non è ancora sciolto. Un’opzione completamente neutra per le casse pubbliche non c’è, perché anche un moderato aumento delle uscite verso la pensione farebbe alzare i costi del sistema nei primi anni di applicazione della norma (per quanto poi sul medio- periodo il conto tornerebbe in equilibrio). Insomma se la misura scatterà dal 2016 ci sarà la necessità di coprire questo «buco» già con la manovra d’autunno: un elemento che complicherebbe il varo della legge di Stabilità e la sua accoglienza in sede Ue. Peraltro una misura che fosse troppo penalizzante rischierebbe di finire in un flop: pochi lavoratori potrebbero permettersi una decurtazione dell’assegno e questo comprometterebbe l’obiettivo di favorire un maggior turn over nelle aziende Per questo più che una soluzione per tutti, troppo onerosa, ci si sta orientando verso il doppio intervento di una nuova «opzione donna» unita a una nuova misura per esodati e disoccupati anziani. Per le lavoratrici infatti la vecchia scappatoia dell’uscita anticipata si chiude con il 2015, con l’aggravante che dall’anno prossimo le dipendenti del settore privato si troveranno di fronte a un nuovo 'scalone' di quasi due anni, con il passaggio dell’età pensionabile di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi: un passaggio che prelude poi dal 2018 alla piena equiparazione con i maschi (67 anni e 7 mesi da gennaio). La nuova opzione permetterebbe di uscire, con 35 anni di contributi, fino a un massimo di tre anni prima ma la penalizzazione sarebbe meno pesante rispetto alla vecchia misura perché il ricalcolo sarebbe basato non sul contributivo ma su un sistema legato alla speranza di vita. Per quanto riguarda l’«opzione uomo » destinata ai senza lavoro, la possibilità di accedervi partirebbe invece intorno ai 64 anni. Non esclusi anche altri strumenti come il prestito pensionistico, un assegno anticipato da restituire quando si raggiungono i requisiti della pensione.
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