giovedì 2 febbraio 2012
​Pioggia di ricorsi presentati da onorevoli ed ex sull'innalzamanto dell'età. Oggi il Consiglio di giurisdizione di Montecitorio fissa la data dell'udienza.
SECONDO NOI Colpi di coda autolesionisti
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A rischio la decisione di alzare l’età in cui i parlamentari, attuali e futuri, potranno percepire il vitalizio? Potrebbe essere così. A Montecitorio è perciò molto attesa la riunione del Consiglio di giurisdizione della Camera di oggi, che dovrà fissare la data dell’udienza in cui si deciderà sui 24 ricorsi presentati da parlamentari in carica e da ex. Nella riunione si tratterà dell’argomento solo per fissare questa data, spiega uno dei membri, Ignazio Abrignani (Pdl). Il numero dei ricorsi, però, potrebbe teoricamente anche aumentare, perché scade il 4 febbraio il termine entro il quale altri deputati possono adire contro la decisione della presidenza della Camera di alzare da 50 a 60 anni l’età in cui si potrà percepire il vitalizio.Decisioni prese in dicembre ed entrate in vigore dal primo gennaio. Se tali ricorsi dovessero passare, verrebbe costituito un precedente e, dunque, darebbero adito ad altri ricorsi, aprendo una falla nel provvedimento. Il Consiglio - composto di tre membri scelti dal presidente della Camera tra magistrati, avvocati e docenti di diritto - è un organo che decide in primo grado sui ricorsi e le impugnative, presentati anche da soggetti estranei alla Camera (ma non dai dipendenti).Nei giorni scorsi malumore è stato espresso dall’ex ministro e parlamentare del Pd, Giovanna Melandri (che non è tra i ricorrenti), ricordando come per fare politica abbia lasciato un lavoro importante. E adesso rischia di percepire la "pensione" tra dieci anni, invece che da subito, come aveva maturato. Ma quanto altro malumore ha causato il provvedimento tra le fila dei rappresentanti del popolo? «Malumore no, perché c’è la consapevolezza che bisogna contribuire anche noi. Disagio, però, direi di sì, nel vedere l’insistenza con cui l’opinione pubblica è indotta a pensare che il problema maggiore sia la politica, e in particolare il Parlamento», ci replica Paola Binetti, deputato dell’Udc. Che ricorda come lei e i suoi colleghi siano ben contenti di vedere chiarezza e ordine, ad esempio, nei rapporti con i collaboratori. E anche i tagli e i vitalizi, non sono un problema, «visto che la maggior parte delle persone va in pensione a 65 anni». La questione è che «in futuro chi si impegnerà in Parlamento dovrà avere la saggezza di non lasciare precedenti professioni». E chissà se potrà farlo, visto l’impegno che l’attività politica comporta. La questione, conclude la parlamentare centrista, sono le tante riforme che inciderebbero in maniera significativa sui costi della politica, una su tutte quella dell’abolizione delle province, che porterebbero benefici ben più alti del far stringere la cinghia ai parlamentari.Intanto si accende il dibattito sul finanziamento dei partiti, per la vicenda legata all’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi. Per il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti (Pd), il finanziamento collegato alle elezioni deve essere «più contenuto, erogato in tempi più definiti e non più a partiti nel frattempo scomparsi». Inoltre, occorre una certificazione di controllo esterna sull’uso delle risorse pubbliche. E va reso obbligatoria la pubblicità del bilancio.«Bisogna dimezzare i rimborsi e serve una legge che imponga più chiarezza nella gestione dei fondi, perché quelli sono soldi della comunità», afferma il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi. Anche il vice-presidente di Montecitorio, Antonio Leone (Pdl), suggerisce di «porre fine all’erogazione a fondo perduto dei contributi e istituire per legge la trasparenza contabile dell’utilizzo dei fondi». A Montecitorio sono state depositate sette proposte di legge su rimborsi elettorali e finanziamento della politica e altrettante a Palazzo Madama, ma l’iter dei provvedimenti, in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio, avviato nell’aprile scorso, si è arenato a luglio.
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