venerdì 14 marzo 2014
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Parte l’operazione taglia-tasse. Nel giro di poco più di un mese quello che allo stato è solo una circo­stanziata promessa dovrà tradursi in un provve­dimento di legge. Servono tempi tecnici anche per pre­disporre le nuove buste paga che nelle intenzioni del governo do­vranno indicare in modo visibile gli sgravi aggiuntivi. La sostanza co­munque è che chi guadagna meno di 1500 euro mensili netti dalla fine di maggio ne avrà fino a 80 in più. Matteo Renzi ha assicurato che l’o­perazione ha coperture solide e sot­tolineato che degli sgravi benefice­ranno anche i cocopro e non solo i lavoratori dipendenti. Per i pensio­nati, invece, «non cambia niente»: non avranno diritto alle detrazioni quelli a basso reddito, nè sono in programma contributi di solida­rietà a carico dei più benestanti, ha affermato il premier: «L’idea che chi guadagna 2.000-3.000 euro di pen­sione sia chiamato ad un contribu­to va esclusa». L’ipotesi era contenuta nella relazione sul­la spending review del commissario Carlo Cottarelli, che ieri è stato in qualche modo 'commissariato' con il tra­sferimento della sua missione dall’Economia a Palazzo Chigi. Il primo passaggio per tradurre in moneta gli sgravi an­nunciati è il varo del Def. La presentazione del Docu­mento di economia e finanza (al Parlamento e poi al­l’Europa) è prevista tra un paio di settimane. Oltre alla revisione delle stime sul Pil 2014 (attese in leggero ri­basso rispetto al + 1% indicato dal governo Letta) sarà ri­visto al rialzo anche il deficit. Dal 2,6% del Pil si potreb­be salire fino a lambire il 3%: l’aumento massimo con­sentirebbe di spendere 6,4 miliardi. L’operazione sarà però «il più parsimoniosa possibile», ha già avvertito il ministro dell’Economia Piercalo Padoan. Resta però u­na via una via obbligata per garantire coperture certe al­l’operazione di riduzione delle tasse. Il passaggio suc­cessivo sarà di individuare le modalità per assicurare i ta­gli fiscali e varare i relativi decreti, previsti entro aprile. Gli sgravi dovrebbero arrivare con un aumento delle de­trazioni per i lavoratori dipendenti con redditi tra gli 8 e i 25 mila euro annui lordi, mentre resta da sciogliere il nodo degli incapienti (chi guadagna meno degli 8 mila non avrebbe beneficio). La detrazione massima dovrebbe riguardare chi prende intorno ai 15mila euro e attenuarsi al salire del reddito fino ad azzerarsi intorno ai 30mila. Se il calcolo sarà sui redditi individuali saranno sfavori­te le famiglie monoreddito, mentre una coppia di lavo­ratori potrebbe assicurasi una sgravio totale da 160 eu­ro al mese. Renzi ieri non ha escluso, se il governo durerà, di arriva­re a una riduzione più generale delle aliquote. Intanto l’o­perazione taglia Irpef riguarda circa 10 milioni di lavo­ratori e vale 10 miliardi su base annua. Dal momento che si comincia a maggio la copertura necessaria per il 2014 scende sotto i 7 miliardi. Per questo, afferma il sot­tosegretario Pierpaolo Baretta,il maggiore indebitamento potrebbe non servire o essere residuale. Dalla spending review sono attesi 3 miliardi nelle stima più prudenzia­le (quella di Cottarelli) e almeno 5 nei desiderata di Ren­zi. Si può contare poi su entrate straordinarie come i 2,5 miliardi derivanti dalla minor spesa per interessi a seguito del calo dello spread e altri 1-1,5 miliardi per le entrate fiscali conseguenti al rimborso dei debiti della Pa verso le imprese. «Se si sommano le diverse voci – assicura Ba­rettta – abbiamo la copertura non solo per l’operazione sugli sti­pendi ma possiamo guardare con un minimo di attenzione ad altre scadenze in corso d’anno». Come ad esempio il finanziamento dei nuovi ammortizzatori sociali pre­visti nel ddl delega. Nel corso del 2014 peraltro dovrebbero entrare nelle casse dello stato anche i pro­venti della rivalutazione delle quote della Banca d’Italia e quel­li legati al rientro dei capitali dal­l’estero. Coperture che allo stato non sono state considerate. Mi­nori problemi presenta sulla car­ta la riduzione del 10% dell’Irap a carico delle imprese. In questo ca­so i fondi arriveranno dall’au­mento dell’aliquota dal 20 al 26% delle rendite finanziarie. Ma tanto l’ex ministro Brunet­ta (Fi) che l’esponente Pd Boccia affermano che il governo ha sovrastimato le entrate attese. ©

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