venerdì 15 novembre 2019
Da gennaio a oggi individuate più di 15 milioni di nuove immagini pedopornografiche che riprendono bambini e li immettono nel mercato della pedofilia virtuale
(Foto generica d'archivio)

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«Che la pedopornografia sia una piaga planetaria e in crescita vertiginosa è noto a tutti. Ma è altrettanto noto che nessuno fa niente per fermare questo scempio. Le parole del Papa allora sono un richiamo importante, un sigillo contro un abominio che lascia indifferenti coloro che dovrebbero contrastarlo con azioni precise e concrete». Così don Fortunato Di Noto, il sacerdote da decenni attivo contro ogni forma di abuso sui minori, fondatore dell’associazione “Meter” per il contrasto in particolare alla pedopornografia.

Ogni giorno voi siete sul Web a stanare i pedocriminali e a denunciarli alle polizie postali di tutto il mondo. Il vostro dunque è un osservatorio "privilegiato" delle dimensioni della piaga.
Da gennaio a oggi abbiamo individuato più di 15 milioni di nuove immagini pedopornografiche che riprendono bambini e li immettono nel mercato della pedofilia virtuale. Immagini, prodotte in tutto il mondo, che abbiamo denunciato alle autorità competenti. Le quali spesso sono rapidissime a dar seguito alle nostre denunce e ad oscurare i siti, ma ancora più rapidi sono i criminali: per un sito che si chiude, altri se ne attivano, il tutto nel mondo liquido della Rete, dove è difficilissimo orientarsi e risalire ai responsabili, navighi sul Web da una stanza di un paesino italiano e il provider magari è ucraino o africano. Ha ragione Francesco, non è più il tempo delle parole, bisogna che tutti si prendano le loro responsabilità sul campo

All’incontro con il Papa c’erano infatti esponenti di Microsoft, Amazon, Google, Apple, Facebook...
La responsabilità dei server provider è enorme e non a caso Francesco si è appellato a loro. È vero che si parla di pedopornografia virtuale, ma ricordo che dietro ogni video c’è un bimbo in carne ed ossa abusato davvero. Non sono cartoni animati, sono milioni di bambini violati seriamente. È assolutamente necessario che i provider la finiscano di appellarsi alla privacy, questo è un grande problema. E poi occorre che i Paesi lavorino insieme per una uniformità normativa: esistono ancora decine di nazioni che non hanno nemmeno una legge propria, soprattutto in Est Europa, in Africa e nel Sud Est asiatico. Non hanno nemmeno le polizie adatte al contrasto del fenomeno. Se il fenomeno è globale, bisogna intervenire globalmente.

I provider possono fare prevenzione, agire alla fonte, ma questo poi non basta.
Certo che no. Non basta cancellare i dati e le immagini, è vitale individuare i bambini e liberarli da questo traffico lucrosissimo. I piani sono tre: la prevenzione, la repressione e l’aiuto.

Le cose sono rese difficili anche dall’abilità tecnologica dei pedocriminali, spesso superiore rispetto alle conoscenze delle istituzioni e delle stesse agenzie di contrasto. Il virtuale sfugge ai controlli.
Mentre le parlo al telefono, sono nel deserto di Israele, dove questa mattina ho incontrato bambini scalzi, chiaramente in stato di disagio ma tutti con il cellulare in mano, tutti "connessi". Il che è una cosa bellissima, può aprire infinite possibilità di sviluppo e conoscenza in ogni angolo della terra, ma ci dice anche quanto grande sia la responsabilità di chi gestisce un potere così immenso.

Con il Papa ha trattato di questi temi?
Più volte. Il 5 maggio, nella giornata dei Bambini vittime di violenza ha voluto incontrare “Meter” e ci ha parlato a lungo, è stato molto importante. Ci ha chiesto di non perdere la forza in questa battaglia epocale, dalla quale dipende il futuro dei nostri ragazzi, anzi dei nostri bambini.

Sì, perché l’età a rischio si abbassa sempre più...
Come “Meter” denuncia ogni giorno, non solo si abbassa vertiginosamente l’età dei bambini come vittime fisiche dell’abuso pedopornografico (addirittura neonati), ma si abbassa anche l’età dei bambini vittime come fruitori: soli in casa, o comunque più esperti dei genitori nell’uso del computer, già piccolini hanno accesso a immagini terribili e crescono con una idea distorta del mondo. Ormai è noto che esiste un cervello reale e uno virtuale e tutte le società pediatriche del mondo denunciano il pericolo della sovraesposizione ai nuovi media, sia a causa di un possibile adescamento, sia appunto perché incontrano in modo traumatico la "nudità del mondo", che poi è commercio. Anche i genitori, allora, hanno una forte responsabilità educativa, non si può lasciare che i bambini accedano per ore al giorno, e in solitudine, a strumenti che hanno una potenza di comunicazione enorme. Si parla tanto di diritti dell’infanzia, ma poi si fa molto poco in concreto per salvaguardare il futuro dei nostri bambini, anche a livello valoriale.

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