sabato 30 aprile 2016
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I dem: non è nuova maggioranza. L’ex numero 2 di Fi: siamo in paradiso ROMA Tra volti tirati - quelli dei democrat - e smaglianti sorrisi dei verdiniani si è consumato ieri l’atteso incontro parlamentare tra Pd e Ala. Non si tratta di un ingresso ufficiale in maggioranza ma il vertice è servito a stipulare un «patto di consultazione» sui più importanti provvedimenti che impegneranno le Aule, in particolare il Senato. È comunque la formalizzazione di una collaborazione definitiva tra i due gruppi, la vidimazione di un accordo che, specie a Palazzo Madama, da mesi era nei fatti. La star della giornata è Denis Verdini. L’ex numero due di Berlusconi tiene banco prima della riunione con sorrisi e pacche sulle spalle. Durante il mini- vertice lancia frecciatine alla minoranza Pd, come a dire che ora, se volessero tirare sgambetti a Renzi, ci penserà lui a offrire uno scudo al premier. E alla fine dell’incontro si lascia andare a un paio di battute che fanno infuriare la sinistra. «Non siamo in maggioranza e l’opposizione dice che non siamo all’opposizione. Che vi devo dire, siamo in paradiso...», scherza con i cronisti. E poi, quasi buttandola lì, ricorda che lui sulla prescrizione ha una sua posizione distante da quella della maggioranza: «Ha ragione chi vuole la prescrizione lunga e pure chi vuole i processi brevi. Ma non si può stare sotto processo per tutta la vita. Non dico altro, sono un imputato». La baldanza con cui Verdini ha incassato il «riconoscimento politico» dal Pd fa salire la tensione tra i democratici. È vero che non c’era Renzi, ma nell’ufficio del capogruppo dem alla Camera Rosato c’era- no anche il presidente dei senatori Zanda e il vicesegretario Guerini. Una rappresentanza di alto livello (Verdini si è fatto accompagnare dai capigruppo Barani e Abrignani). Perciò Roberto Speranza definisce l’incontro un «errore gravissimo di Renzi» perché «i numeri già li abbiamo », perché «mentre loro fanno questa cosa che non serve a nulla io incontro gente che fatica a restare nel Pd». I renziani reagiscono. Ricordano quando era il braccio destro di Bersani, Migliavacca, a cercare un ponte con l’allora luogotenente di Berlusconi. Tuttavia nemmeno loro sono convintissimi. Perché, nei fatti, nemmeno Renzi ieri era contento dell’incontro concesso ad Ala. Il premier l’ha subito come una 'tassa' da pagare tra l’altro in un momento in cui l’agenda parlamentare non prevede scogli enormi e la corsa per le amministrative è già ostacolata da scandali e candidati che faticano a lievitare. MaVerdini stavolta ha fatto forcingsu Palazzo Chigi, ha chiesto che ci fosse un fatto politico alla luce del sole perché il gruppo al Senato comincia ad essere scontento di «donare sangue» senza «riconoscimenti». Tecnicamente, si affrettano a chiarire Guerini, Zanda e Rosato, non c’è nessun ingresso in maggioranza anche perché non ce n’è bisogno dal punto di vista numerico. Hanno bisogno di rispondere così, i vertici dem, per replicare alle opposizioni - Di Maio di M5S in testa - che chiedono a Renzi e Verdini di «salire insieme al Colle». Non ne ha alcuna intenzione, il premier. Non ha alcuna intenzione di varare un Renzi-2 con uomini di Verdini al governo. E anche all’ex braccio destro dell’ex-Cav va bene così. Il suo obiettivo è un altro. E ieri si è affacciato durante la riunione. Essere a fianco a Renzi e al Pd nella battaglia per il «sì» al referendum costituzionale. I vertici dem hanno confermato che il Comitato nazionale non ospiterà esponenti di altri partiti, però non hanno posto veti all’ipotesi che verdiniani facciano comitati locali, per i quali bastano 10 persone. Insomma Ala, formalmente, farà campagna insieme a Ncd e Udc (e forse Scelta civica), ma nelle città si 'mischierà' all’organizzazione del Pd. Caduto il velo che metteva Ala in una specie di 'limbo parlamentare', è più evidente anche la natura a lungo termine dell’accordo tra Renzi e Verdini. Sia in caso di voto nel 2017, sia in caso di voto nel 2018, il premier - che non vuole ritoccare l’Italicum - vede la necessità di una formazione di centro che faccia corsa a sé alle elezioni e superi la soglia del 3 per cento, e che poi alla Camera vada ad allargare la maggioranza. La nuova legge elettorale, infatti, dà alla lista vincitrice al primo o al secondo turno 340 deputati, non sufficienti per assicurare una navigazione tranquilla. L’ipotesi più accreditata è mettere sotto il cartello dei 'Moderati' di Portas sia i verdiniani sia gli alfaniani sia i reduci di Scelta civica. E a proposito di Scelta civica, l’incontro di ieri tra Pd e Ala ha scatenato la reazione del leader Enrico Zanetti. «Un incontro del genere avrebbe dovuto essere tra Ala e tutte le forze di maggioranza. Vorrà dire che pure noi incontreremo i verdiniani in sede bilaterale». Più che una recriminazione, è il segnale che Zanetti è disposto a convergere in un unico contenitore. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il leader dell’Alleanza liberalpopolare Denis Verdini lascia la sede della Camera dopo l’incontro di ieri con i capigruppo del Partito democratico (Cimaglia/LaPresse)
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