martedì 6 agosto 2013
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​È stata una giornata di confronti, riunioni e serrati pourparler, quella di ieri, dipanatasi sull’asse fra il Quirinale e Palazzo Grazioli, ma con un occhio a Palazzo Chigi e con un solo vero intento: verificare la tenuta della maggioranza che sostiene l’esecutivo Letta, dopo la sentenza di condanna pronunciata dalla Cassazione a carico del leader del Pdl Silvio Berlusconi. Il primo tempo della partita si è giocato in tarda mattinata sul Colle: alle 12.30, i capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Renato Schifani, salgono per un incontro col capo dello Stato Giorgio Napolitano. Ne scendono un’ora dopo, senza proferire parola sui contenuti: «Chieda al Quirinale...»,  è la risposta secca di Brunetta al cronista. Meno asciutte, ma altrettanto riservate, le fonti del Colle, che più tardi riferiscono di come i due capigruppo Pdl abbiano mostrato «disponibilità e toni misurati», illustrando «le loro valutazioni circa le esigenze da soddisfare per un ulteriore consolidamento dell’evoluzione positiva del quadro politico in Italia e uno sviluppo della stabilità utile all’azione di governo». Se richieste ci sono state, non dovrebbero aver riguardato un’eventuale domanda di grazia a favore del Cavaliere, argomento non ritenuto all’ordine del giorno dal Colle, ma più probabilmente un ampio ventaglio di proposte (amnistia compresa) per una concreta riforma della giustizia, da sempre fra i vessilli programmatici di via dell’Umiltà. Riforma peraltro auspicata più volte dallo stesso Napolitano, che tuttavia (consapevole delle difficoltà di far combaciare i desiderata di Pd e Pdl) aveva incaricato quattro "saggi" bipartisan (Gaetano Quagliariello, Luciano Violante, Mario Mauro e Valerio Onida) di mettere nero su bianco alcune proposte, che forse ora potrebbero essere recuperate come base di partenza. In ogni caso, fonti del Quirinale precisano come il presidente esamini «con attenzione tutti gli aspetti delle questioni che gli sono state prospettate».Terminato l’incontro, i due capigruppo vanno a Palazzo Grazioli per riferire al Cavaliere, che convoca un vertice dello stato maggiore del partito: a varcare il portone della residenza romana sono il segretario Angelino Alfano, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto, i coordinatori Denis Verdini e Sandro Bondi, ma anche Daniela Santanchè, che incalzata dai cronisti racconta di un Berlusconi intenzionato a bere il calice fino in fondo: «A Napolitano non abbiamo chiesto nulla... Berlusconi non chiederà gli arresti domiciliari, né la messa in prova, né l’affidamento ai servizi sociali. Va in carcere, perché gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come Silvio Berlusconi...».Proclami a parte, chi è presente alla riunione, preceduta da una leggera colazione di lavoro, riferisce di un Silvio Berlusconi «sereno e determinato» nell’attendere «il corso degli eventi». Per ora, par di capire, il sostegno del Pdl all’esecutivo guidato da Enrico Letta non mancherà, tanto più in un agosto segnato da diversi Cdm che si prevedono incentrati su misure economiche (Imu e Iva, in primis) propugnate da via dell’Umiltà.Tuttavia, non mancano gli scossoni: i falchi continuano a ripetere che l’unica strada percorribile sia quella del voto anticipato, al quale il partito potrebbe presentarsi sotto il nuovo-vecchio vessillo di Forza Italia e forse, con un nuovo capolista (c’è chi continua a scommettere su Marina Berlusconi). Di parere opposto le colombe, fra le quali milita da sempre Gianni Letta, fra i consiglieri più ascoltati dall’ex premier. Un’indicazione concreta di "non belligeranza" l’hanno fornita domenica sera i cinque ministri pidiellini, Alfano in testa, che diversamente da quanto accadde nella contestata manifestazione di Brescia, non hanno presenziato al raduno domenicale di solidarietà davanti a Palazzo Grazioli, nel quale Berlusconi ha galvanizzato le truppe («Io resto qui, non mollo!»), ma senza minacciare in alcun modo ostacoli alla tenuta del governo.Insomma, in questi giorni il governo non rischia, ma la fibrillazione politica rimane. E nessuno s’azzarda a far pronostici su cosa accadrà fra un mese, quando a Palazzo Madama potrebbe arrivare il voto sull’incandidabilità, con la contestuale decadenza da senatore, del Cavaliere. Le frizioni potrebbero ricominciare il 7 agosto, quando la giunta per le Immunità terrà la prima riunione.
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