sabato 14 luglio 2012
Doveva ufficializzare la candidatura, alla fine rinuncia. Il rinvio dovuto alla platea «inadeguata», all’insofferenza del segretario Pdl e ai messaggi negativi di Berlino. E il Colle monitora le reazioni internazionali.
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​D’accordo, hai deciso di candidarti e noi siamo tutti con te. Però basta cortigiani e consiglieri, basta annunci di liste e listini e attacchi ad Angelino, è una partita che dobbiamo giocare insieme, altrimenti in molti se ne andranno...». Mancano pochi minuti all’inizio della convention romana della corrente cristiano-riformista del Pdl, la sede in cui Silvio Berlusconi avrebbe dovuto confermare di persona la sua nuova candidatura a premier, quando il trio Alfano-Gasparri-Cicchitto decide di salire le scale di Palazzo Grazioli e giocare a viso aperto con l’ex premier. Il Cavaliere sulle prime resta spiazzato, poi si apre conciliante alle richieste dei suoi colonnelli. Che sono tre: uno, l’annuncio della candidatura deve avvenire in una manifestazione di partito (nell’ultima settimana di luglio, forse al Pantheon, per "celebrare" l’atteso successo al Senato sul presidenzialismo); due, se si vuole cambiare nome e simbolo bisogna passare per un Consiglio nazionale; tre, chiudere i varchi a «personaggi alla Lavitola» che «con la scusa di spazzare via il vecchio vogliono occupare le poltrone».E il gesto di disponibilità che Berlusconi offre è proprio l’assenza alla kermesse che avrebbe dovuto incoronarlo, insieme ad una dura nota contro Diego Volpe Pasini, il "consulente politico" che aveva sbeffeggiato Alfano in una seguita trasmissione radiofonica, definendolo piangente e frustrato dinanzi alla decisione del Cav di tornare in campo. E invece tocca proprio al segretario Pdl (con Cicchitto e Gasparri a coprirgli le spalle) annunciare l’assenza del presidente «per sopraggiunti impegni». La platea radunata dal capocorrente Tonino Mazzocchi mugugna, intanto gli uomini-comunicazione di Palazzo Grazioli confezionano le motivazioni ufficiali dell’assenza: il caldo, la sala piccola, l’allarme sicurezza per una coincidente manifestazione di una decina di libici.Sulla decisione di Berlusconi ha giocato anche un altro fattore. Mentre si svolgeva la manifestazione dei cristiano-riformisti, nella residenza dell’ex premier era giunta l’eco delle ironie scatenatesi sul web e su twitter circa il pubblico che lo attendeva all’hotel Ergife: anziani di un centro sociale di Fiumicino, cooptati più o meno consapevolmente - per loro stessa ammissione - in una «gita nella capitale» di cui ignoravano la finalità. «Silvio, un annuncio del genere proprio non puoi farlo in una sede così, immagina i giornali domani, l’effetto-boomerange sarebbe devastante», dicono gli uomini del suo staff. Argomentazioni convincenti per il re delle tv private.Ma nello strano pomeriggio del Pdl ci sono anche retroscena inconfessabili, e che solo qualche dirigente azzurro che bazzica spesso a Bruxelles è disposto ad ammettere: «Il Ppe è in allarme, Angela Merkel sta tempestando di telefonate Napolitano e Monti, anche la commissione Ue teme che siano vanificati tutti gli sforzi per la stabilità...». I "rumors" si fanno sostanza quando Michael Fuchs, vicecapogruppo della Cdu (il partito della cancelliera) al Parlamento tedesco dà voce ai timori della sua leader: «Il ritorno di Berlusconi complicherebbe la situazione italiana. Io preferirei che Monti proseguisse la sua opera. E poi le relazioni tra il Cavaliere e la cancelliera non sono buone». Crocevia del pressing esterno sarebbe, in queste ore, il Quirinale, che potrebbe aver riferito le perplessità dei partner internazionali direttamente ad Angelino Alfano in uno dei suoi ordinari giri d’orizzonte sulla legge elettorale.Ciò non vuol dire che il Pdl abbia rinunciato all’idea di candidare Berlusconi, né che l’ex premier voglia fare un passo indietro (forse vuole limare la strategia e testare il gradimento, a meno che nelle ultime ore non abbia dirottato le sue mire verso il Colle, o abbia scelto di logorare il partito e candidare un volto nuovo, meglio se donna). Lo stesso Alfano si sgola per assicurare che la leadership è del Cavaliere e che lui resterà segretario. Però il "forfait" di ieri non può non incrinare qualche certezza, anche alla luce di sondaggi che smentirebbero l’effetto-Silvio sul voto (e senza contare l’ombra di una eventuale condanna giudiziaria ad ottobre sul caso-Ruby).
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