sabato 16 marzo 2013
​Il Cavaliere attacca: «Irresponsabili, vogliono pure il Colle. Noi fuori da trattative». Napolitano freddo su ipotesi Monti al Senato. L'idea del ticket Finocchiaro-Balduzzi. Dopo le fumate nere, vertici a oltranza di Democratici e Scelta Civica. Stamattina i gruppi si vedono per sciogliere le riserve Sempre in piedi l'idea che il Pd prenda entrambe le Aule
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Già alla prima votazione per Senato e Camera, sul tavolo di Pier Luigi Bersani era arrivata l’ultima proposta di Silvio Berlusconi: «Il vostro tentativo con M5S è fallito. Ma le Camere non ci interessano. Siamo pronti a lasciare campo libero ad Anna Finocchiaro a Palazzo Madama, possiamo anche agevolare la nascita di un governo guidato da Bersani. Ma vogliamo contare nella partita che conta, quella del Colle...». Insomma: un’intesa alla luce del sole tra Pd e Pdl che porti all’indicazione comune del capo dello Stato.Il segretario Pd rinvia il confronto con la proposta del Cavaliere sino a sera, nell’attesa di un segno di disponibilità dei grillini. Niente da fare. Ed è al culmine di una giornata di immensa confusione che Bersani e il Pd si scoprono in una sorta di labirinto. Il leader si guarda intorno e vede un’unica soluzione: Mario Monti e la sua truppa. «La partita delle Camere non è collegata a quella del governo, ogni step ha un valore in sé, allargare a Scelta civica non è il preludio delle larghe intese. Cercheremo i voti per l’esecutivo in Aula. E del Colle si parla a tempo debito...», cerca di autoconvincersi il segretario di fronte ad Enrico Letta e Dario Franceschini, convocati d’urgenza nel suo ufficio. Insomma, si può lasciare il Senato al Prof o Montecitorio ad un uomo di sua fiducia. Di lì a poco arrivano Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, a prendere il messaggio dei democratici per portarlo nel rassemblement montiano.Ma mentre a Montecitorio Pd e montiani cercano una quadra, il premier uscente è al Colle per chiedere lumi a Giorgio Napolitano. Il pretesto dell’incontro è uno scambio d’opinioni dopo il vertice Ue. Ma la situazione politica è dirompente. E il capo dello Stato gela il Prof: impossibile andare sullo scranno più alto di Palazzo Madama lasciando la guida del governo, esponendo ancora di più il Paese alla tempesta economica. E poi nulla ha senso, secondo il Colle, fuori da un accordo politico-istituzionale solido e globale. Così, alle 21, la partita delle cariche istituzionali è in alto mare, e incerta resterà sino a quando i gruppi parlamentari si rivedranno stamattina.Ma il Pd non demorde, non cede al Cavaliere, non apre tavoli con il Pdl. E rilancia: Finocchiaro al Senato, Balduzzi o Dellai, insomma un montiano, alla Camera. Il senatore a vita Monti non vorrebbe lasciare il passo ad altri, preferirebbe - nonostante il pressing di Napolitano - essere lui in campo per il Senato per attirare su di sé anche qualche voto del Pdl, e così non apparire come un uomo di parte. La guida del governo, fosse per lui, la affiderebbe - da legge - al ministro anziano Piero Giarda. Ma il «no» del Colle pesa, e l’urgenza prende alla gola tutti. La proposta d’emergenza del Pd va comunque discussa. E i parlamentari del Prof si convocano in una tesa seduta notturna. Se i montiani rispondessero «no» a Bersani, il Pd si troverebbe "costretto" a prendere entrambe le Camere con Finocchiaro e Franceschini (o Orlando o Madia).Tra i democrat ormai tiene solo una barriera: il «no» a Silvio. Il Cavaliere lo capisce. Dal San Raffaele, lasciato ieri sera, vede avvicinarsi un accordo tra Pd e Scelta civica che sembra il preludio per portare Romano Prodi al Quirinale. Un incubo. Da allontanare con parole durissime: «Di fronte ad una crisi economica drammatica e all’urgenza che s’insedi un governo capace di assumere provvedimenti efficaci, il Pd – accusa Berlusconi al Tg4 –, rovescia sul Paese i propri interessi inseguendo un accordo di governo con Grillo». Ma nel mirino di Berlusconi non c’è l’ormai difficilissimo accordo tra Pd ed M5S, bensì il timore che «l’elezione del prossimo capo dello Stato avvenga nello spirito di occupazione di tutte le istituzioni democratiche, così come avvenne nel 2006». A fronte di ciò, e a fronte del «no» dei democrat alla prospettiva di fare un governo insieme, «noi ci chiamiamo fuori da ogni trattativa di spartizione delle principali cariche istituzionali». Tuttavia, il Cav potrebbe aver alzato i toni per pura tattica. La realtà registrata nel Pdl è che un accordo Bersani-Monti lascia comunque aperto lo spiraglio per un governo di scopo «non ostile».
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