giovedì 17 novembre 2022
Gran parte delle correnti pronte a sostenere l'ex vicepresidente dell’Emilia Romagna. Ma il governatore, oltre a Base riformista, ha un consenso trasversale ampio. Sinistra spaccata su Orlando
Anche Letta attende il congresso che deciderà il suo successore alla guida del Pd

Anche Letta attende il congresso che deciderà il suo successore alla guida del Pd - Ansa

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Si muovono le correnti corazzate del Pd in vista del Congresso, e di fronte alla candidatura forte che dovrebbe essere quella di Stefano Bonaccini, i lettiani, lo stesso Prodi, gli uomini di Franceschini, quelli di Zingaretti con una buona fetta della sinistra - tutti convinti che il primo sia troppo vicino a Matteo Renzi - sono pronti a sostenere Elly Schlein. Una mossa che da un lato certifica la frattura all’interno dell’area una volta granitica di Andrea Orlando (pronto a scendere personalmente in campo), e dall’altro rischia di far partire con una zavorra del passato la candidata che vorrebbe incarnare un nuovo stile di Pd, in rottura con un modello dal sapore stantio.

Ma da ieri il tam tam interno ha iniziato ad accreditare questo scenario - pure plausibile - che vedrebbe il congresso (anticipato con l’assemblea di sabato al 19 febbraio) concludersi con la sfida tra il governatore dell’Emilia Romagna e la sua ex vicepresidente. L’ipotesi è fortemente caldeggiata proprio da quelle correnti pronte a sostenere la neodeputata italo-svizzero-americana. Quel volto nuovo, più internazionale (si ricorda il suo impegno negli Usa nella campagna elettorale per Obama), di donna giovane, a lungo cercato tra le mura domestiche, che entrerebbe in pista da sabato, grazie alla deroga allo statuto con l’apertura del Congresso ai non iscritti. Così, oltre ad abbreviare le tappe, il parlamentino aprirà la strada a Schlein, al momento sprovvista della tessera del Pd. E nel “pacchetto” approntato dalle stesse correnti potrebbe rientrare anche Dario Nardella in qualità di vice.

Fin qui la narrazione di una sostanziosa fetta del partito. Che però in queste ore si va dimostrando via via più disgregato di quanto fosse in passato e in buona parte pronto a sciogliere il legame correntizio. E non è solo il caso della sinistra a dimostrarlo.
E però lo schema non convince quella fetta di quarantenni, per lo più amministratori locali, che già vedono in prospettiva un Pd rinnovato, più trasversale, vale a dire più libero dai legami del passato.

E se in molti ancora non si espongono, è proprio a livello locale che qualcosa si muove. Ne è certo il presidente del Consiglio regionale della Toscana Antonio Mazzeo, sostenitore di Bonaccini: «Oggi c’è un rimescolamento molto più ampio di quello che può sembrare. Lo dico per la mia regione, ma sono certo di poterlo affermare anche a livello nazionale».

Motivo per cui il presidente dell’Emilia, che formalmente avrebbe a supporto solo la corrente di Base riformista, che fa capo a Lorenzo Guerini, sarebbe pronto a sfidare Schlein, in una battaglia tutta in chiave emiliano-romagnola, convinto che non saranno le correnti a deciderne l’esito. E secondo lo stesso Mazzeo, anche Schlein sarebbe mossa da questa certezza, altrimenti non accetterebbe un confronto in nome del rinnovamento, “viziato” da vecchie regole.

Insomma, da sabato si aprirà un nuovo capitolo per i dem, che - senza un’accelerazione - continuano a vedere l’emorragia di consensi a favore di M5s.

Motivo per cui nel Lazio, come in Lombardia, non si rinuncia a corteggiare il movimento di Conte. Ieri il candidato ufficiale dem Alessio D’Amato ha offerto una nuova sponda ai pentastellati, verso i quali sarebbe orientato anche il leader di Si Fratoianni, pronto a dividersi dai Verdi, fedeli al progetto con il Pd. E in nome dell’alleanza giallo-rossa pare certa la candidatura lombarda di Majorino, verso cui potrebbero convergere i 5s.

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