mercoledì 17 marzo 2021
Il segretario costretto a prendere in mano la pratica, convoca i leader locali per fare il punto. Una partita complessa alla luce dei rapporti con Calenda e con il M5s
Roberto Gualtieri si candida a sindaco di Roma

Roberto Gualtieri si candida a sindaco di Roma - Fotogramma

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Si consuma nell’arco di poche ore dall’insediamento il primo "agguato" delle correnti dem al neosegretario Enrico Letta. Dopo mesi di attese e di annunci mai confermati, piove tra le mani del leader Pd un’agenzia che fa trapelare la disponibilità dell’ex ministro dell’Economia a candidarsi a sindaco di Roma.

Un nome su cui non ha nulla da eccepire il nuovo inquilino del Nazareno, ma «stupore e fastidio» spiazzano quella «chiarezza e trasparenza» invocate solo domenica scorsa nel discorso votato dall’Assemblea. Il metodo non va. Così, a caldo, mentre è in corso la conferenza stampa di presentazione della sua nuova leadership alla Stampa estera, il segretario parla di «un nome ottimo, un grande amico», ma contemporaneamente frena e fa sapere che nulla è ancora deciso.

Gualtieri non conferma, ma neppure smentisce. E nel corso delle ore si cerca di ricostruire come sia uscita la notizia e il perché della tempistica. Si torna alle trame ordite nei corridoi. Spuntano nomi di responsabili e immancabile c’è chi parla di Goffredo Bettini che vorrebbe mettere un sigillo sulla Capitale. Per evitare il moltiplicarsi delle voci, Letta chiarisce subito: «Incontrerò Gualtieri prestissimo, è un ottimo nome e un grande amico, mi occuperò di Roma immediatamente».

Poi chiama i vertici del Pd romano e del Lazio, Andrea Casu e Bruno Astorre, e lascia trapelare la sua irritazione. La pratica delle amministrative è sempre un ginepraio e Letta vuole avere il tempo necessario per districarla. Roma, ragiona, «sarà una partita molto importante delle amministrative di autunno, che saranno una tappa di avvicinamento alla costruzione di questa alleanza di centrosinistra e con i 5 stelle che costruiremo in vista delle politiche del 2023».

E il segretario del Pd ha spiegato che intende lavorare per unire. Dunque non è affatto contento di aver dato occasione di rottura immediata a Carlo Calenda (da tempo sceso in campo contro Virginia Raggi), al quale lo lega una profonda stima, che subito ha stigmatizzato la mossa di Gualtieri come divisiva. E neanche di aver deluso gli altri concorrenti del Pd locale, oltre a Paolo Ciani di Demos, determinati a giocarsi la partita sul campo delle primarie.

Il segretario, poi, aveva insistito nel suo discorso proprio sulla volontà di creare un partito «fuori dalle Ztl», e, coincidenza beffarda, Gualtieri è entrato in Parlamento alle suppletive di autunno nel collegio di Roma centro. Insomma, a breve Letta si riserva di incontrare sia l’ex ministro sia il Pd locale. Ma anche lo stesso Calenda. Le comunali saranno una tappa per tessere la tela del nuovo centrosinistra allargato e Roma sarà forse l’anello più fragile della catena, visto che nella Capitale i 5s andranno da soli, con la promessa di reincontrarsi al ballottaggio.

Se sgarbo è stato, comunque, Letta mette il punto e volta pagina, senza timore di un ritorno al passato. «Renzi non fa parte del Pd, quindi non ha peso rispetto al Pd», spiega agli interlocutori stranieri che gli chiedono come sono i rapporti con i renziani dem. «In questi giorni ho parlato con tanti, con tante persone che sono democratici, credo che queste categorie siano categorie del passato. Il nostro partito ha una grande risorsa che è quella dei suoi amministratori. Noi siamo il partito dei territori» e da qui si ripartirà, insiste.

Quanto all’ex rivale, «i rapporti con Renzi saranno i rapporti con il capo di un partito con cui vogliamo dialogare, improntati sulla massima correttezza da parte mia, senza alcun dubbio». Diverso il clima con i 5s «guidati da Conte. Siamo interessati a stabilire un rapporto con loro. Il Paese deve andare a un confronto fra due vasti campi». Perché, si dice certo, «diamo per scontato che Salvini e Meloni si mettano insieme alle prossime elezioni, ma ora sono uno all’opposizione dell’altro, queste contraddizioni esploderanno».

Se poi con il Salvini neo-europeista si governa insieme, da lui Letta prende comunque le distanze, mentre giudica proficuo il rapporto con Fi. Non a caso con il leader della Lega si è già consumato lo scontro sullo «ius soli o ius culturae», dice Letta. Ma, aggiunge, «in Italia, complice la propaganda della destra, si racconta questa questione in modo sbagliato. Si parla delle persone che sono italiane a tutti gli effetti, che sono nate qui e parlano italiano ed è giusto che abbiano un giorno la cittadinanza italiana».

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