venerdì 26 luglio 2013
Slitta il voto previsto al termine del vertice. ​Il segretario detta la sua linea e indica le regole: "Serve una figura di segretario rivolta principalmente all'impegno nel partito". Un messaggio sulla premiership che Renzi non gradisce. Letta: "No alle larghe intese per sempre, uniti non ci batte nessuno".
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"Tagliamo la testa al toro, anche se non spetta a me, la mia indicazione è di fare il congresso entro novembre". Così il segretario Pd, Guglielmo Epifani, ha convocato per il 14 settembre l'assemblea che proclamerà il congresso. Nessun rinvio, dunque. Slitta, invece, il voto previsto per oggi in direzione. Una decisione indicativa del clima di tensione che si respira all'interno del Partito democratico. La linea di Epifani è chiara: "Il congresso partirà dai congressi di circolo, locali e regionali. Dopo saranno formalizzate le candidature a segretario nazionale". Ed era proprio questo il punto che maggiormente interessava Matteo Renzi e i fedelissimi del sindaco di Firenze. Le parole del segretario del Pd non sono state particolarmente apprezzate da Renzi, perché manca una data precisa e per le regole ipotizzare per la candidatura. La proposta di Epifani, infatti, prevede una separazione tra guida della segreteria e premiership.Alla direzione ha partecipato anche il presidente del Consiglio, Enrico Letta, "Il governo di servizio non vuole essere e non vuole dire governo di routine: noi non vogliamo le larghe intese forever. Quello che stiamo cercando di fare è tornare al bipolarismo che anche per me resta un faro». Per questo ha evidenziato la necessità di cambiare l'attuale legge elettorale: "Non si può tornare a votare con il Porcellum, si rifarebbero le larghe intese un minuto dopo". Per quanto riguarda il partito, invece, ha prima esortato il Pd a essere esigente e a tenere l'asticella alta, chiedendo però anche "un segretario che faccia il segretario e che lavori a preparare un partito che quando ci saranno le nuove condizioni sia pronto a vincere". Infine un richiamo alla coesione all'interno del partito, perché "uniti non ci batte nessuno".
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