sabato 7 aprile 2018
Il reggente Martina e Franceschini più possibilisti sull'apertura ai Cinque Stelle, mentre da renziani e Orfini chiusura netta. Salvini sull'ipotesi di un governo Pd-M5s: «Mamma mia...»
Il segretario reggente del Partito Democratico, Maurizio Martina (Ansa)

Il segretario reggente del Partito Democratico, Maurizio Martina (Ansa)

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È bastata la proposta del leder dei M5s (dopo la porta ormai chiusa di un governo solo con Salvini) a mettere in crisi un Partito democratico che si ritrova più spaccato che mai. Così all'intervista sul Corriere di Luigi di Maio che invitava a «deporre l'ascia di guerra», con diversi toni e spesso posizioni distanti rispondono tutti i principali esponenti del Nazareno. A partire dal segretario reggente. «L'autocritica nei toni è apprezzabile, l'ambiguità politica rimane evidente - dice però Maurizio Martina -. Noi continuiamo a pensare che la differenza la fanno i contenuti e sui contenuti abbiamo presentato anche al Quirinale il nostro percorso e la nostra agenda fondamentale per il Paese». Da questo punto di vista, dunque, non vede grandi novità. Quel che è certo, prosegue, «è che centrodestra e M5s devono dire chiaramente al Paese oltre che alle altre forze politiche cosa intendono fare. Il tempo dell'ambiguità è finito. Se dobbiamo discutere di cosa dobbiamo fare per il Paese noi ripartiamo dai temi sociali, dall'occupazione, dal lavoro dalle grandi questioni europee, da temi delicati come il governo dei fenomeni migratori, da questioni essenziali come il rilancio di tutta la politica di sostegno agli investimenti e alla crescita». Il Pd perciò ha avanzato delle proposte concrete, la prima è il raddoppio immediato del reddito di inclusione. «Noi continuiamo a lavorare così". Quindi, precisa Martina, la linea non cambia.

Più possibilista il ministro della cultura, Dario Franceschini: «Di fronte alla novità dell'intervista, serve riflettere e tenere unito il Pd nella risposta. L'opposto di quanto sta accadendo». Di tono diverso sono invece le parole dell'ex segretario Pd, Matteo Renzi: «Nessuna svolta nei rapporti con i 5Stelle», dice. Il renzianissimo capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, rincara la dose sui social: «Gli appelli di Di Maio sono imbarazzanti per le sue patetiche giravolte». Sulla stessa linea Matteo Orfini, che in un tweet definisce «strumentale» l'invito al dialogo di Di Maio. «Siamo alternativi al M5s per cultura politica, programmi e visione sul futuro del paese - precisa il presidente del Pd- Non sarà certo un appello strumentale a cancellare tutto questo. Parleremo con chi riceverà l'incarico e daremo il nostro contributo da forza di minoranza parlamentare». Lorenzo Guerini, invece, invita a un confronto interno faccia a faccia, evitando esternazioni sui social: «Twitter non mi sembra il luogo ideale per una riflessione unitaria e non affrettata. Io resto all'antica: #circoli #direzione #gruppiparlamentari».

Più prudente ad una alleanza con Di Maio inoltre Gianni Cuperlo, della minoranza del partito: «Al momento non mi sembra ci siano possibilità per un governo M5S-Pd. Non vedo grandi elementi di novità», spiega dal congresso Sinistra Anno Zero a Roma. «Noi abbiamo assunto una posizione chiara, riconoscendo il successo delle forze che hanno ottenuto più voti - dice dal palco - e l'abbiamo portata alle consultazioni". Il Pd è insomma in pieno fermento, e si avvicina dunque l'ipotesi di una resa dei conti nel sempre più vicino congresso.



Ma l'intervista di Di Maio provoca reazioni anche nel fronte del centrodestra, e il primo a prendere posizione è Matteo Salvini. «Esecutivo Di Maio-Renzi, mamma mia», commenta. «Una cosa è certa - scrive su Facebook - o nasce un governo serio, per ridare lavoro, sicurezza e speranza all'Italia, oppure si tornerà a votare, e noi stravinciamo».







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