martedì 14 settembre 2010
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Dura lo spazio di una giornata la notizia che voleva Walter Veltroni intenzionato a formare, sulle orme di Fini, dei gruppi autonomi dal Pd in Parlamento. Una notizia, lanciata ieri mattina dalle colonne del Corriere della Sera, che lo stesso Veltroni ha smentito seccamente nella serata di ieri. «Gruppi autonomi in Parlamento? Assolutamente no. Io questo partito ho contribuito a fondarlo in maniera determinante». Questo non significa, però, che l’ex sindaco di Roma rinunci al suo ruolo di oppositore del segretario: «Sono preoccupato – ha spiegato – della situazione generale, di quello che viene fuori dai sondaggi. Sono convinto che comunque il Partito democratico deve rimanere il perno centrale nella costruzione di un polo riformista. È per questo che continuerò nel Pd a dire le mie opinioni. In questo anno e mezzo mi sono battuto e ho detto e fatto cose soltanto nell’interesse del Pd». Critiche alla linea Bersani vengono ribadite da uno dei politici più vicini a Veltroni, Walter Verini che smentisce anche lui l’ipotesi di una scissione. Di contro, c’è invece da registrare, nelle complesse dinamiche interne, un riavvicinamento a Bersani dell’area di minoranza che fa capo al capogruppo alla Camera Dario Franceschini e all’ultimo segretario dei Ds Piero Fassino. Con molti degli ex popolari nel ruolo di pacieri. Molto attivo, in questa fase, è l’ex presidente del Senato Franco Marini, che ha apprezzato il discorso di domenica sera di Bersani. «In questo momento in cui il Pdl si divide e il governo rischia la crisi – spiega un fedelissimo di Marini – è da folli mettersi a spaccare il capello in quattro sugli assetti interni o sulle alleanze. Bersani ha fatto un appello convincente La gente ci chiede di essere uniti e di mandare a casa Berlusconi. Il resto è noia». E quest’oggi Pierluigi Bersani prova a serrare le file, in vista di una dura battaglia parlamentare. Per questo ha convocato l’esecutivo con tutti i big del partito. L’idea di un governo di transizione che possa portare il Paese al voto, dopo aver cambiato la legge elettorale, sembra, almeno per il momento, allontanarsi. Per cui Bersani chiederà ai maggiorenti del partito di concentrarsi in particolare nelle battaglie parlamentari, per mettere in crisi il governo, e meno sulle polemiche interne, legate spesso e volentieri alle future alleanze e sulla legge elettorale. Bersani ribadirà la sua proposta a geometria variabile: accordo elettorale largo, per battere la destra alle elezioni, ma patto di governo solo con quelle forze che accetteranno un programma moderno e di riforme. Il presidente del partito Rosy Bindi è ottimista: «Il discorso di domenica di Bersani mette fine al dibattito astratto e autoreferenziale sul ruolo del Pd. Il partito è in campo come una grande forza popolare e nazionale, architrave del cambiamento».
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