martedì 14 ottobre 2014
​Viaggio nel fortino delle scommesse. «Siamo accerchiati, ma possiamo farcela».
LA LETTERA «Macchinetta unico amore. Accanto a lei tutto scompariva» 
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«Si è seduto lì. Mi ha detto: 'Ho un problema'. Ero abituato ad avere a che fare con adolescenti con dei problemi. Ma il problema di quel ragazzo, Fabio, non era lui: 'Il problema è mio padre. Si gioca tutto alle slot machine. Mi aiuti lei'». Simone Feder indica una poltroncina del suo studio, alla Casa del giovane. Era il 2004. E l’azzardo patologico gli entrava in casa, senza bisogno che fosse lui ad andarlo a cercare. «Il giorno dopo su quella poltrona si è seduto Enrico. Stesso problema ». Con il paradosso che, in quel caso, non erano i genitori a chiedere aiuto per i figli, ma l’esatto contrario. Fabio ed Enrico, due quindicenni responsabili.  Pavia, una slot ogni 104 abitanti, 13 centri scommesse, con il record italiano (il dato è del 2012) di 2.954 euro annui pro capite, più del doppio della media nazionale. Fece colpo in città quando si ritrovarono, per questo motivo, sul NewYork Times.  Che cos’avrà mai di così strano la Lomellina? Forse altrove il gioco illegale, le macchinette scollegate, le giocate che sfuggono alla contabilità dell’erario sono molto più alti e a Pavia assenti... Invece no. Pavia è nella media del 'nero'. E allora vien da pensare che una causa, non l’unica ma forse la principale, è nella pressione asfissiante: slot ovunque, nei bar e nelle tabaccherie, alle pompe di benzina, negli ipermercati, perfino fuori da una farmacia. Un’offerta esorbitante a cui la domanda finisce per cedere.  Una mattina di ottobre molto padana, con una pioggerellina sottilissima e il cielo così pesante e grigio da farti abbassare il capo. Feder fa quello che fa da anni non solo a Pavia, ma anche a Milano (dove è giudice onorario del Tribunale dei minorenni) e in giro per l’Italia, girando come una trottola: è in una scuola, il liceo Cairoli, succursale presso le Canossiane di viale Garibaldi. «Che cosa vi fa pensare la parola azzardo?» chiede alla classe di diciassettenni. Nessuno se ne infischia, nessuno prende l’incontro sottogamba. Con Feder c’è Giorgio Magarò, filmaker che tornerà nella classe per realizzare uno spot sull’azzardo, con i giovani che si improvviseranno agenzia pubblicitaria. «Lo faccio da tanto – spiega Magarò – io do un metodo e metto a disposizione le attrezzature, a tutto il resto, a partire dalle idee, pensano loro, i ragazzi».  «Con gli adulti molto spesso è fatica sprecata – scuote il capo Feder, 48 anni, educatore e psicologo, un passato in una casa famiglia con la moglie Monica – ma con i giovani è diverso, è con loro che occorre lavorare, sul versante educativo. Per togliere ossigeno all’industria dell’azzardo». Feder ne ha viste e sentite troppe per minimizzare o accettare la logica del 'gioco responsabile', accettata anche da un’organizzazione cattolica che con una grande azienda dell’azzardo sta per entrare nelle scuole, accolta da dirigenti scolastici ben contenti, ahiloro, di ospitare iniziative 'educative' e soprattutto gratuite: non giocate se non avete 18 anni e giocate «con consapevolezza»... «L’azzardo è morfina sociale, e basta» taglia corto Feder. L’invito a giocare «con moderazione» è per lui un’ipocrisia – un po’ come 'drogarsi con moderazione' o 'sbronzarsi responsabilmente' – che non fa altro che alimentare un «contesto intossicato ». Così come furbastro è l’uso della parola 'gioco', piacevole e innocua, al posto di 'azzardo', che è connotata negativamente e quindi va evitata.  Ai ragazzi del Cairoli indica la finestra: «Appena uscite di qui vi troverete accerchiati da slot. Entrate in un bar e sbattete contro le macchinette. Però stanno pensando a una norma per isolare le slot in uno loro spazio appropriato. Poiché pochissimi esercizi hanno un locale apposito, faranno così: tracceranno sul pavimento una linea gialla. Mi raccomando, non oltrepassatela!». Il tono, ovviamente, è ironico. «L’azzardo – Feder ora si fa serio – è l’unica dipendenza trasversale a tutte le età e condizioni sociali. Non troverete mai un settantenne che scopra l’eroina, ma che venga sedotto dalle slot e si rovini, questo sì». Giocare responsabile... Ti puoi fidare, stilare accordi, perfino farti finanziare con chi sistematicamente non rispetta le regole? «A Pavia il regolamento è chiaro, vale per le sale giochi e anche per le slot di bar e tabaccherie: orario di apertura dalle 10 del mattino all’una di notte». E invece? Feder mostra la foto di un cartello affisso in una sala: «Orario dalle 9 alle 2 di notte, al sabato alle 3». Dichiarato, messo nero su bianco. Senza nessun timore per la sanzione di 516 euro. «Non è un caso isolato. Recentemente ho fatto il giro: 4 sale su 12 erano ancora aperte dopo l’una di notte e sempre 4 avevano cartelli 'sbagliati' come questo». Studiare, bisogna studiare di più il fenomeno. Feder invita a leggere (presto dovrebbe arrivare anche in Italia) il saggio dell’antropologa americana Natasha Dow Schüll: «Ad ammalarsi d’azzardo non sono soltanto, né principalmente, persone fragili psichicamente, e a molti la psicoterapia non serve neppure. Dobbiamo studiare il rapporto che si stabilisce tra giocatore e macchina, una macchina costruita scientificamente per creare dipendenza, per catturarti e non lasciarti più. Tutti siamo a rischio, tutti». Da Las Vegas, la Schüll annuirebbe.
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