domenica 31 luglio 2016
Il nuovo garante per l'infanzia: centri di aggregazione nelle scuole. Genitori e insegnanti insieme per aiutare le famiglie più fragili. Pronto il piano nazionale è pronto.
«Patto di comunità per i minori poveri»
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«La tutela, l’accompagnamento e la cura dei minori non è un problema, ma una grande opportunità per il Paese. Una scelta da cui si misura la nostra civiltà ma anche la nostra capacità politica. Trasformare oggi in risorsa le tante situazioni complesse sul fronte dei ragazzi e degli adolescenti, eviterà che domani diventino emergenza». Anche se ha assunto la responsabilità dell’Ufficio del garante per l’infanzia e l’adolescenza da meno di tre mesi, Filomena Albano non ha avuto bisogno di un lungo apprendistato per chiarirsi le idee. Il 'mestiere' lo conosce bene. Magistrato del Tribunale di Roma, sezione famiglia, è stata per sei anni anche commissario della Commissione  adozioni internazionali da cui si è dimessa nel febbraio dello scorso anno. Alla vigilia di una stagione che si annuncia densa di appuntamenti decisivi (riforma delle adozioni e dei tribunali per i minorenni, piano nazionale infanzia, necessità di stabilire una nuova alleanza scuola-famiglia), ma anche di situazioni complesse e sempre più spesso drammatiche (accoglienza dei minori stranieri) accetta di tracciare il quadro delle priorità e di delineare alcuni interventi irrinunciabili. Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. A che punto siamo? Esiste una bozza, varata nel luglio del 2015, sulla quale l’Autorità garante ha espresso parere favorevole. Dovrebbe essere approvata quanto prima. Quale l’intervento più rilevante? Quello in materia di povertà. E intendo sia la povertà materiale, sia quella educativa. Per la povertà materiale ho apprezzato molto l’idea di estendere il sostegno di inclusione sociale, dai 12 contesti locali già sperimentati, a tutto il territorio nazionale, ai nuclei con redditi molto bassi, al cui interno siano presenti minori di 18 anni o disabili. E per la povertà educativa cosa si prevede? Un vero e proprio patto di comunità, nella consapevolezza che spezzare il circolo vizioso della povertà educativa e offrire identiche risorse e opportunità a tutto il Paese, senza differenze tra Nord e Sud, è un atto di giustizia proprio nei confronti delle famiglie più fragili, in particolare quando sono presenti bambini da 0 a 6 anni. Questo 'patto', che speriamo possa decollare a settembre, nascerà dal contributo di vari soggetti, sia istituzionali che privati, enti e associazioni. Ma concretamente come si farà?  Si tratta di un progetto a rete sostenuto da un fondo alimentato dalle fondazioni bancarie che sarà gestito da un comitato composto da rappresentanti del governo, dalle stesse fondazioni bancarie e dal Forum del terzo settore. L’idea è quella di creare centri di aggregazione nelle scuole, con orari prolungati rispetto a oggi. Sarebbe impossibile, certo, ipotizzare che ricada tutto sulle spalle degli insegnanti. Per questo dobbiamo immaginare una struttura a rete, con l’intervento anche di associazioni e di genitori disponibili, per assicurare ai bambini provenienti dalle famiglie in difficoltà, momenti ricreativi e attività sportive. Parliamo di adozioni, sono in corso le audizioni in vista di un nuovo progetto di legge. Come e dove intervenire per affermare davvero il 'superiore interesse del minore'? La legge attuale, la 184 del 1983, non va stravolta perché è una buona legge, ma può essere limata e perfezionata. Per quanto riguarda le adozioni nazionali è ormai indispensabile l’entrata in vigore della banca dati. Il ministro Orlando ha promesso che il nuovo strumento, che permetterà di avere un quadro generale dei minori adottabili e delle famiglie disposti ad accoglierli, vedrà la luce entro il 30 settembre. Diceva di punti da limare e perfezionare. Per esempio? La legge sulla continuità affettiva (173 del 2015) prevede oggi una sorta di corsia preferenziale per i genitori affidatari. Rimane il problema di quei bambini che non sono adottabili perché permangono, anche se solo su un piano formale, i legami con le famiglie di origine. Perché non pensare allora a un’adozione non legittimante che, senza spezzare questi rapporti, assicuri comunque quella continuità affettiva, fondamentale per i bambini? Più complesso il discorso per quanto riguarda le adozioni internazionali… Sì, ma come Garante mi interessa soprattutto il post-adozione. Dobbiamo affermare il criterio che l’iter dell’adozione non finisce quando il bambino arriva in famiglia. Anzi, mai come oggi, le famiglie adottive hanno bisogno di essere sostenute. Non è tanto importante 'quante' adozioni si portano a termine, ma 'come'. Ogni fallimento agli occhi di un minore senza famiglia diventa un doppio rifiuto che si ripercuote sulla sua personalità con effetti devastanti. Dobbiamo assolutamente evitare questo rischio. La riforma dei tribunali per i minori potrebbe essere una strada per rendere il sistema più efficiente? Discorso molto complesso. I rischi sono tanti, tra cui quello di eliminare preziose competenze specifiche, 'affogandole' nell’emergenza dei tribunali ordinari. Forse sarebbe il caso di pensare a un vero e proprio 'tribunale della famiglia' su cui far convergere sia le questioni legate ai minori, sia quelle delle coppie. Anche perché i due aspetti sono strettamente legati. A questo Tribunale dovrebbe fare riscontro una Procura della Repubblica parimenti autonoma.
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