lunedì 19 settembre 2016
La sparatoria in strada nel rione di Napoli e i bambini vittime per sbaglio. Chi li protegge?
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Ragioniamo con calma. Per il bene della nostra città, della nostra gente, della nostra patria. I bambini sono sacri. Vanno tutelati, educati, amati. Vanno aiutati a inserirsi nel solco della vita. Tutti i bambini sono sacri, anche quelli dei rioni don Guannella, Scampia, Forcella, Sanità. A tutti i bambini va riconosciuta pari dignità e concesse pari opportunità. Non è un bene fare di Napoli una cartolina. Napoli è Posillipo e Mergellina. È il teatro San Carlo e San Martino. Ma anche i quartieri più problematici fanno parte della città. Napoli è una città complessa e contraddittoria e come tale deve essere governata. Sabato scorso al rione Don Guanella è accaduto un fatto inaudito. Sono le 17,15, Amalia sta rincasando dalla spesa con le borse in mano e il nipotino in braccio. Non è una stinco di santa, Amalia. Ha precedenti per droga. Giuseppe, suo figlio e padre del bambino, è in casa. Nemmeno lui ha la fedina immacolata. Qualche boss ha decretato che Giuseppe debba essere ucciso. Per quale sgarro sia stato condannato a morte ancora non è dato sapere. Partono i sicari, arrivano davanti al “basso” dove si nasconde. Armi in pugno, svelti, decisi, nervosi, scendono dalla moto. Amalia vede, capisce. Corre, si getta – letteralmente - davanti alla porta d’ ingresso e col suo corpo fa da scudo al figlio. Col nipotino in braccio. Momenti di angoscia indicibili. “Avranno pietà del piccolo”, pensa. E invece no. I sicari non hanno pietà di nessuno. A loro non è concesso di nutrire sentimenti umani. Loro sono destinati a essere macchine di morte. A loro importa solo portare a termine l’impresa e poi correre a ritirare il “premio” e i complimenti per il “lavoro” compiuto. Se falliscono saranno rimproverati, sgridati, messi alla berlina. E perderanno per sempre la fiducia del capo. No, il bambino non è un ostacolo. È solo un imprevisto. E gli imprevisti sono sempre messi in conto. È questione di attimi. Con una mossa fulminea il piccolo – lo chiameremo Emmanuele - viene strappato con forza dalle braccia di Amalia e gettato via come un sacco d’immondizia. Lei, la donna con precedenti penali e un cuore grande, non pensa più a se stessa. Come una belva cui stanno massacrando i cuccioli, cerca di difendere il nipotino da una parte e il figlio dall’altra. È come impazzita. Lacerata. Dilaniata. Conosce le regole del gioco. Sa bene che “quelli” non perdonano. I sicari sparano. Colpiscono entrambi, la mamma e il figlio. Emmanuele, terrorizzato, piange, si dispera. Nascoste dietro gli usci delle case, accovacciate dietro le auto in sosta, riparate dietro i cassonetti della spazzatura, impietrite dal terrore, altre mamme fissano la scena, stringendo al petto i loro bambini. Il tempo si è fermato sabato pomeriggio al rione Don Guannella. Il sole si è ritirato per la vergogna. Attimi eterni. Non è la prima volta. Queste orripilanti scene da spietato Far west cittadino sono molto frequenti a Napoli. Ma, Emmanuele, dove sta Emmanuele? Qualche anima buona lo ha raccolto mentre i feriti vengono trasportati in ospedale. Emmanuele: piccola, innocente vittima di quest’azione infame. E con lui tutti i bambini del quartiere. Sono loro che rimarranno traumatizzati per il resto della vita. È su di loro che vorremmo che chi governa la nazione, la regione, la città, volgesse gli occhi, l’intelligenza e il cuore. Come difendere i bambini nei quartieri a rischio da questa macabra follia che sta insanguinando Napoli? Sono previsti – come nelle calamità naturali, nei gravi incidenti aerei o ferroviari, negli attacchi terroristici - supporti psicologici per i minori dei quartieri dove ci si ammazza per le strade? Il Garante per l’ infanzia nazionale e quello regionale stanno pensando a loro? Altrove questa sparatoria cittadina avrebbe suscitato orrore. Al rione Don Guanella il fatto rischia di passare inosservato. «Finché si ammazzano fra loro… siamo nelle mani della camorra… non possiamo farci niente» si sente dire in giro. E invece no, non è vero. Non è vero che si uccidono solo tra loro. Non è vero che non possiamo farci niente. Non è vero che il problema lo debba risolvere Napoli da sola. Napoli è Italia, è Europa. Sempre. Nel bene e nel male. Nessun bambino deve correre il rischio di essere ammazzato, ferito, traumatizzato a Secondigliano, ai Quartieri Spagnoli o al Don Guanella. Il dramma accaduto sabato scorso deve convincere le autorità competenti nazionali e regionali a prendere sul serio la situazione. Penso al piccolo Emmanuele. Penso alla violenza che, da decenni, sta insanguinando Napoli. Penso al futuro delle nuove generazioni. Penso alla mamme. Come fanno a sopravvivere queste donne coraggiose e fragili in questi quartieri? Con quale animo accompagnano i figli a scuola la mattina? Sarebbe bello se tutte le mamme d’ Italia facessero sentire la loro vicinanza a queste persone terrorizzate dal pensiero che un giorno possa accadere al figlio di essere ucciso per errore durante una spedizione di morte scretata dalla camorra.
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